mercoledì 6 aprile 2016

NON LO DICO PER CREARE PROBLEMI DI TOZZA.

Dal pitorzolo lappante
scuffiava una ventola drappica.
Per certuno, non si voleva spinare il morsetto.
Il tasso di quell'ora,
ve lo dico senza farvi del male,
si adeguava di volta in volta,
come uno scalino.
Nuove difficoltà scorrevano
giù dai piedestalli.
Il marmo si scoperchiava sin dall'alto.
L'ammagistratura pretesseva annessa,
nessuno l'inchiodava.
Una sventola vellava due masuri
sfregandoli controbilancia,
allora s'infiammò onnipossente
il padellino di riserva,
messo a punto appunto nel centro.
Un rettangolo d'urna
splendeva di poco evidente,
senza dubbio incelestito
dall'aurora delle cinture di nebbia.
Era ormai fatta tutta
la trasparenza dei vetri scongelati.
Ve lo dico una volta per sempre:
i pesi che crescevano filo contro filo
davano segni di schiodature,
di macchia aborigena,
se posso dirvelo ancora.
Ma perché stràvere ancora,
quando tuttalleggi rinnegava gli spizzi
e l'ospino sperdeva l'alloggio
con un gusto di mentrapino,
accocciato dal pilnio mentato
sullo zhu sgangherato
dei rapidi sgravi sassonanti più in basso?
E' questo lo strano del truffo...
Non lo dico di certo
per creare imprevisti problemi di tozza!

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