lunedì 29 giugno 2015

L'ELASTICO FRUTTO DELLA POLENTA.

L'uomo
e la farina,
responsabile il fatto
della cottura, a sostegno.
La preda
e la lenza:
un corpicello sottocampo
esibito di sfondo.
Morale... futura,
passato... presente,
alla faccia di tante
oneste promesse,
nel raggio d'azione
di un uomo,
uscito da un seme,
fiorito per tempo,
elastico frutto
di tanta, deliziosa polenta.

domenica 28 giugno 2015

SONO INCANTATO.

Forza vocina nasale,
diventa bullona
e sorprendimi
con un canto a gola spiegata!
Forza nasetto chitarrino,
dilatati ad ordigno,
sali sul podio di uno scalino,
per dimostrare che hai inventato
una nuova canzone!
Forza,
forma di naso trombettiere,
riscaldami le ossa
su questo divano di note!
Mi coinvolgi
con la tua persuasione,
mi fai sognare
con la tua narrazione,
ormai sono rapito,
ti sono vicino,
per diventare sempre più bello.
Volta spesso
il tuo nasone a tamburo,
produci certe supposizioni,
certe eccitazioni,
persino sulle spalle,
sotto le ascelle,
anche verso la mia zona preferita,
così che mi viene
da ascoltare meglio
l'aria che ti esce,
fruttata dagli accenti
del tuo nasone brodoloso,
sincopato,
simpatizzato , durante l'ascolto.
Forza fischietto di naso,
non voglio da te l'indomani!
Mi offri il tuo suono,
ti ascolto su tutto,
sono incantato...

CI VUOLE UNA SPINTA.

Eppure,
ci vuole una spinta.
Per smarginare ogni immagine,
per superare una collina di conchiglie,
per vagare nella pianura,
per sottostare alle spianate bianche delle lenzuola,
dentro il pollaio delle occasioni,
nei terminali illuminati dai riflettori,
nelle tiepide vasche collegate coi tubi,
cervelli macinati dagli scavatori,
fegati soffocati dai liquori,
gole affumicate dalle Marlboro.
Ci vuole una spinta,
anche per nascere.
Gustare il latte della passione,
leccare le punte della passione,
chiamare la padrona della passione,
per uscire dalla nebbia dell'incoscienza,
per scoprire la perla del proprio nome,
per sbocciare come carne nuova,
più luminosa,
più tenera,
più rosa,
come la notte dei ricordi,
come le lunghe feste tra gli alberi,
come le battaglie dei vecchi soldati,
sotto la nebbia,
sotto la pioggia,
sotto la luce del Sole
e ritornare ancora bambini
e rifare le stesse cose
e studiare l'arguzia del vuoto
e imparare le vecchie parole.
Ci vuole una spinta,
anche per crescere.
Stancarsi di ridere,
stancarsi di dormire,
stancarsi di camminare,
stancarsi di ripetere le stesse cose
e cercare una malandrina ruffiana
e trovare l'angelo del focolare
e costruire una casa
per lavorare con un'attrezzatura,
per guadagnare una posizione,
per pedinare dei figli,
per frugar carte in mezzo alla gente.
Ci vuole una spinta,
anche per invecchiare.
Crescere un pergolato di rose,
cogliere l'uovo della gallina,
baciare ogni stella che cade,
ritrovare il proprio teschio nudo,
come superstiti di un'esistenza,
come campioni senza premi,
come bufali senza recinti,
come cittadini senza nazioni
e sbavarsi addosso vecchi ricordi
e sentire nuovi dolori
e scoprire nuovi piaceri
e ridere ancora per una battuta
e piangere ancora per una battuta
e godere l'attesa di niente,
senza problemi,
senza soluzioni,
senza illusioni.
Ci vuole una spinta,
anche per morire.

sabato 27 giugno 2015

IL GATTO.

Furbo, attento,
aspetta un segnale di preda,
gatto sovrano, pigro,
in attesa dello stipendio di un topo.
Dal balcone,
guarda la gente che passa
con brevi passi sicuri,
alcuni discutono
come topi arrabbiati.
Hanno i nervi tesi,
dopo la caduta della coda...
Lui sogna buoni bocconi,
bisogna cercarli entro stanotte...
L'aria porta
zaffate golose di prede:
lui è l'unghia che si muove,
lui è il padrone della sua unghia
e il nemico della sua preda,
che lo odia
di un odio serotino.
Un mantello di pelo lo protegge,
gli dà un odore francese
e una melensa apparenza
di statua sinuosa,
ad immagine
delle antiche forze
dal pelo radente.
Libero da ogni guinzaglio,
su tutto
sguscia, striscia, struscia,
dall'androne del portone
al vecchio mulino nel buio;
zampetta in silenzio
il manto d'asfalto,
controlla le strade
con occhio di sbirro.
Tra le sue preferenze,
l'assassinio è la più comune;
è estimatore inoltre
di gattine gentili.
Ieri c'era una gattina bionda
dietro l'angolo...
Quando l'ha incontrata,
ha improvvisato un balletto,
poi, alzando la coda,
ha esibito il suo buco del culo...
Statuario nella forma sinuosa,
converge ogni muscolo
alla spina dorsale,
estrae in un attimo
ogni nervo fino alle unghie,
poi dorme, accucciandosi
nel caldo rifugio del pelo.
Più tardi,
andrà in cerca della gattina bionda.
E quella- la mente di una gatta sola-
che si rode e si morde le zampe
per certi appetiti violenti,
quella va fuori di casa,
in mezzo alle strade,
sui marciapiedi oleosi,
nei vicoli che non vedono il sole,
tocca passando le finestre basse,
le tocca e sente il suo odore...
Quando il gatto la vede,
lei è una preda,
lui un ghiottone...
le strade deserte,
gli occhi di mare,
un incontro tra preda e cacciatore...
Lei si abbassa,
lui la sorprende sul collo,
le schiaccia la schiena,
attorciglia certi istinti felini
attorno ai suoi fianchi piegati,
manovra di coda sotto la pancia.
La notte mantiene intatti i desideri.
Di giorno,
il gatto è sul tetto:
i mercanti fanno chiasso
e lasciano buoni bocconi per terra.
Meglio fingersi schiavi
e fare i bravi gattini!
Singolare rifugio del tempo,
orfano dimenticato dal bosco,
vanitoso baffuto dalla carne di giunco,
dal pelo di muschio,
dalla coda di serpente,
leggero come un uccello,
rapido come una sorpresa,
dolce come un regalo,
allegro come un bambino,
vario come un tramonto:
vai, la tua gattina ti aspetta!

UNA CITTA' VECCHIA.

Una città vecchia
si muove poco.
sonnecchia e tace.
La via principale
gongola quando il vento
entra a raffiche,
le strade strette fra le case
fanno un pò di posto
ad ogni visita nuova.
Impossibile
l'accesso al castello
senza almeno una principessa,
impossibile
la scalata delle torri
senza almeno un grifone!
Il centro ha un ventre
di portici ammuffiti,
una piazza è un gioiello
senza tempo.
I giovani la taccheggiano,
i vecchi vi si scaldano il cuore.
Talvolta la denunzia
esplode davanti a piazze
trasformate in oltraggiosi parcheggi,
talvolta i muri
diventano epidermidi rinsecchite.
Allora, anche le ombre
fanno paura;
ogni curva stretta
suscita sensazioni di vuoto,
che presto sfumano,
alla vista della cattedrale.
Trovarsi soli
in una città vecchia
è difficile.
Ci vorrebbe almeno una porta,
che si chiuda quando scende la sera.

venerdì 26 giugno 2015

LE RISCOPERTE DEL VECCHIO DOMANI.

Nel mio intimo,
singhiozzo e sospiro,
piombando sulla calamità
di un'altra notte da passare
e mi tormento
per non essere sasso,
figlio di monte.
Nel pollaio della mia carne,
godo l'aspro fetore del tempo
senza un lamento,
senza un rimpianto.
A capofitto mi giro,
mi muovo,
sollevo la fronte,
mi slancio contro
i ricordi sgraditi,
contro le guerre,
contro i divani,
contro i bicchieri
svuotati dai camerieri.
A malapena,
ascolto il ritmico verso del bollitore,
di controvoglia
inietto gomitoli tra ripostigli di lana,
tenace come un uovo bollito,
forte come una radice d'acacia,
luminoso come una siepe sfrondata.
Combatto contro i colpi della Luna,
lontano dalla più vicina forma umana,
sicuro da ogni offesa di cancello,
di paragone,
di gesto maldestro,
di delusione amorosa.
Nel mio silenzio,
riposo
tutto il peso delle mie gambe vagabonde,
delle mie braccia artigiane,
del mio fiato contadino,
soprattutto
indirizzato
alle solite cose,
alle solite azioni,
alle riscoperte
del vecchio domani.

martedì 23 giugno 2015

MI PIACE AMMACCARMI IL SEDERE.

Mi piace
vedere le rocce,
i sassi levigati,
gli effetti dell'acqua,
l'angoscia dei fiori,
il supplizio dei semi...
le rocce,
i sassi levigati,
gli effetti dell'acqua,
i tronchi oblunghi degli alberi,
i crisantemi,
la popolazione gelata...
le rocce,
i sassi levigati,
gli effetti dell'acqua,
sentir arrivare il silenzio,
bagnarmi di pioggia e osservare le rocce,
i sassi levigati,
gli effetti dell'acqua,
i miei vestiti da bagno,
i miei piedi scomposti,
le mosche sui miei piedi scomposti,
gli uccelli addosso alle mosche sui miei piedi scomposti,
i gatti addosso agli uccelli sulle mosche presso i miei piedi scomposti,
i lupi addosso ai gatti sugli uccelli contro le mosche sopra ai miei piedi scomposti...
Sopra tutto
vedere i sassi levigati,
sedermi sulle rocce,
ammaccarmi il sedere...

lunedì 22 giugno 2015

IO PENSO AL RESTO.

Di là, vicino al caminetto,
prendi alcune scope robuste,
poi ritorna qui al chiostro, da me.
Verserai anche una caraffa,
che sia, te ne prego, di acqua sorgente.
Ti lamenterai, lo suppongo,
del mio pavimento polveroso,
ma tu lo luciderai come
nessuno può far meglio;
ne rimedierai, per consolarti,
un bicchierino d'anice.
Riposati, ora.
C'è tempo per l'aratura.
Ho chiesto di tuo marito:
era in congedo.
Senti il segnale:
è il momento di arare.
Ricorda, metti gasolio, prima
di avviare il trattore
e, ti prego, portami il pane
e le olive, prima che il lavoro
abbia fine.
Ritorna presto, stasera.
Io ti fornirò di credenziali
e di latte, il piovano del cesto.
Se devi arare, sbrigati,
il penso al resto.

domenica 21 giugno 2015

PASSAGGI.

Il passaggio del motoscooter:

                                              Il più forte vince il più debole...
                                              Il più forte vince il più debole...
                                              Il più forte vince il più debole...

Il passaggio della moto di grossa cilindrata:

                                              BALLE! SONO IL PIU' BALDO!

Il passaggio del camion:

                                              Squarcio l'aria e trascino UN PESO ENORME LONTANO,
                                              dopo torno e faccio il pieno...

Il passaggio dell'auto a bassa velocità:

                                              "    Quando arriverò? Quando arriverò?  Quando arriverò?

Il passaggio dell'auto ad alta velocità:

                                              "VVVVOLO!E VVVVADO LONTANO!"  

QUANDO ERO BAMBINO.

Siamo passati a prendere i nani:
eravamo in dodici, più la maestra.
Sembrava impossibile andare diritti
e noi facevamo rumore;
la gente ci guardava
e rideva.
Topolino era il più vivace
e cantava.
Io l'avevo detto
che non si poteva cantare troppo per tempo.
Avevamo appena cominciato ad andare,
che la pioggia venne giù dappertutto.
Per fortuna avevamo gli ombrelli!
Li abbiamo dovuti aprire tutti.
A onor del vero,
ci hanno dato un certo fastidio,
ma noi eravamo in dodici,
più i nani e poi la maestra.
Abbiamo passato buona parte del tempo
a nasconderci,
mentre la pioggia
veniva dall'alto a cercarci.
Io ho scantonato
perché sono furbo
e mi sono nascosto nella balena.
Dopo ci siamo ritrovati
e calmati.
Cenerentola piangeva ancora,
io sguazzavo nel fango.
Al negozio del bar
abbiamo comprato i gelati:
ha pagato Geppetto, vendendo Pinocchio.
Quanta gente, in corriera!
L'abbiamo presa d'assalto,
la Banda Bassotti, sempre nei paraggi,
ha fatto dei morti.
Siamo arrivati alla periferia
e siamo tutti scesi con molto sollievo.
Paperino aveva un taglio ad una zampa,
io non riuscivo a finire il gelato.
Davanti alla porta del cinema ci siamo fermati.
Poi siamo entrati.
Davano un film di cartoni animati.
Nell'interno,
un pipistrello mi punse sul collo.
Io indossavo un mantello nero.
Sapevo bene quello che dovevo fare
e sparai.
La gente del pubblico,
nell'intervallo,
mi indicava a dito
e mi chiamava "Il Kid".
Col buio, strapazzai Biancaneve:
aveva due belle tettine e ci stava.
All'uscita la tenevo ancora sotto di me,
quando incontrai Cenerentola
che mi gridò: "verme di un Kid!"
e mi diede uno schiaffo.
Io non potevo sparare
e piansi.
Ma ora sono felice lo stesso,
perché la maestra è stata contenta di me.

LA RANA.

Ti è caduto addosso il mondo
e tu ne sei uscita.
Nelle tue zampe lunghe
c'è ancora lo scatto della disperazione.
Sei fuggita dal mare
perché eri troppo lenta
e non volevi far sempre da preda.
Ma il tuo amore rimane
e ritorni nell'acqua a figliare.
Sei ancora piena di paure,
canti soltanto di notte
e nelle ore senza rumori.
I vili ti cacciano ancora:
tu non hai colpa
e sei buona.

TUTTE LE MIE SCARPE VECCHIE.

Quanto dovrò ancora saziarmi,
prima di morire?
Quante scarpe
dovrò ancora consumare
prima di arrivare
nel paese dei piedi sepolti?
Quanto si tenderà ancora
l'arco dei miei pensieri
contro il bersaglio del sole?
Come un Orlando senza disfide,
espugnerò le luce della sera.
Tutto sarà facile.
Andrò in cerca di uova,
talvolta cadrò nudo nel fieno
oppure nell'acqua grigia
di una fontana.
Sposterò ancora terra,
pur di trovare
l'antico tesoro sepolto
che mi beffa, sornione.
Nell'ora del silenzio,
salperò per un probabile viaggio:
guarderò il mare
da un divano di corallo.
Ritornerò con un sacco vuoto
sulle spalle.
Mi nutrirò
col mio maiale preferito.
Farò presto.
In fondo ad una scarpata nera
ritroverò ancora
tutte le mie vecchie scarpe
consumate.

sabato 20 giugno 2015

PER SAPER SUONARE.

Per saper suonare,
ci vogliono
prima di tutto
i tamburelli,
le mani,
un pubblico pagante,
un pò di polvere di stelle
e un presentatore
che ci dica
quando è il momento
di tornare
a casa.

UN'AUTOMOBILE.

Un'automobile
con le ruote usate,
correva rapida
in una strada
sovrapposta al suolo.
L'automobile,
affamata di chilometri,
divorava l'asfalto
a bocconi svelti.
Se si accorgeva
di essere troppo veloce,
chiamava l'autista
e lui, col pedale,
ci dava
un bel colpo di freno.

LASCIARLA FARE.

A lei piace:
il suo corpo
è un oltraggio
che bisogna perdonare.
Nelle grandi sale, mentre balla,
il suo fiato evapora
in frizzanti bollicine.
Lei si diverte,
bisogna lasciarla fare.
Quando si accorge
che ogni sua esperienza
può procurar del male,
lei si compiace nel lasciarsi andare:
non bisogna disturbarla,
si potrebbe innervosire.

venerdì 19 giugno 2015

INUTILE SETE.

Insomma,
mi sono vantato
di essere il più grande
bevitore di pozzanghere
in mezzo al caos
dei temporali,
mentre poi,
a conti fatti,
mal riesco,
a tuttora,
a drenare le mie scarpe
dalla persecuzione
delle falle
sulle suole.
Mal si addice la sete,
a chi indossa
scarpe rotte.

SOLAMENTE PER DORMIRE.

Se qualcuno
potesse darmi lo spunto
che mi rendesse il sonno
morbido e rotondo,
partendo dal caos dell'inizio
per arrivare all'arte della fine,
allora mi deciderei
a chiudere gli occhi,
solamente per dormire.

IL MAGGIORDOMO.

In fondo,
me l'ha chiamato lei
il maggiordomo!
Io, per me,
mi bastava una spanzata
con la ciccia,
qualche buon ricordo
dei tempi passati,
un approccio intenso,
ma sempre delicato.
Cosicché, per me,
mi andava di fare il gentiluomo,
ma con lei sola,
senza il maggiordomo!

TU SEI.

Se ti grido contro,
ti difendi,
se ti vengo addosso,
ti dimeni.
Sei la cantante
nei miei sogni lieti,
sei la quarta misura
dei miei abiti usati,
sei il sestante che guida
le mie sensazioni.
Sei certamente
una grande prova d'incertezza,
sei la copia campione
di tutti i miei dubbi
passati, presenti e futuri.

UN CAVALIERE SCONOSCIUTO.

Una torre si rivelava,
modellata da un grande cielo
di cobalto.
Nella torre
c'era un bicchiere
di cristallo,
a metà colmo
di un vino sconosciuto.
A fianco, una bottiglia
già stappata,
senza nome, senza data.
Nella torre,
un cavaliere sconosciuto
si scolò il bicchiere
e pure la bottiglia.

ARTE D'AMARE.

L'arte che si fa bella,
sgambetta su tacchi alti
e gambe affusolate.
Per comprendere le forme misteriose
di quest'arte,
bisogna interpellare
almeno una donna.
La donna accondiscende,
egualmente artista
e opera prodotta,
presa a dimostrare
quanto è brava
nell'arte dell'amore.

giovedì 18 giugno 2015

DONNA SCANDALOSA.

Una donna
è una nube
che viene da lontano.
Il suo corpo
caldo, docile
e piacente,
ha bisogno di attenzione,
ma più ancora
di ammirazione.
L'acqua scrosciante della pioggia
liscia la pelle della donna
e la induce a cercare
un contrasto rude
che la freni,
finché il silenzio,
creatore di peccato,
la rende nuda
e scandalosa.

L'INDIRIZZO.

Per conoscere a fondo
la sostanza del nome
spulciato tra gli infinitesimi
del grande villaggio
chiamato dalla base
"B A S E " e poi nel dettaglio
"C A S A",
si fa un soffitto
pieno di polvere,
una presa di corrente
ad ogni angolo d'acquisto
ed alla fine si sale,
ingorgandosi
tra gli scalini del primo piano,
dove il camino sbuffa
un fumo nero
che va e viene
un poco di striscio,
un poco a pennacchio.
A casa si colora tutto
e si mangia
l'alimento buono
intorno ad un tavolo
sempre fermo
e così, col tempo,
la parola s'indura nel ferro,
leader di tutti gli indirizzi,
che poi
diventa un nome specifico
e un numero civico.

MOLLE ANSIA.

L'ho lasciata ferma,
sperando di trovarla fresca.
Una famiglia zampillante
di sorgenti fuoriusciva
a gorna, dispettosa.
" E che te ne viene?"
Lei s'inveleniva,
gatta fino alla struscia,
davanti a me feroce
di uno spavento al dente rotto
e che mai? Nuovo dolore
per la gonna intrisa di veleno
per lo strappo.
"Ma ti rappezzo io!"
Ma quando mai
sarà ancora fresca?
E' diventata molle
perfino la mia ansia!

mercoledì 17 giugno 2015

UN CONIGLIETTO IN GABBIA.

Il vento incompleto dell'avarizia
ferma l'accetta del monoblocco
a colpi di sega circolare.
Affiorante dai castagni,
una schiuma gialla schizza
e trasforma le tavole d'abete
in pedane lineari.
Ma quando la grande cassa di paglia
sviolina categorie di marroni,
necessitano aglio e aceto
per mantenere unita
la tribù dei bulloni.
L'occhio verde,
dal richiamo acuto,
cerca e trova
un coniglietto volante
e lo accompagna in gabbia.

UNA COPERTA DI BISONTE NANO.

Scendi anche tu,
con le pillole della pioggia
ad arricchirmi il portafoglio
di foglie grasse
che mi ingrassano
come cibo di lontra,
finché
il mio istinto pubblicitario
si allarma
e allora
mi sollevo
e ti spolvero
con la tecnica
del mercante di rosso;
tutti i rossi che possiedo
li dò a te,
che scendi
come le pillole
e io
ti fermo
col vertice tranquillo
della casa amica.
Io,
come sono,
rifletto
e ti bilancio in piena vista.
Quando,
e se posso,
ti prendo la mano
e ti proteggo
con una coperta
di bisonte nano.

SUL PONTE.

L'appuntamento
tra i due
                             scadde
                             scadeva
sotto un vento
                             di scirocco
                             o di libeccio
e loro due,
senza vanto,
zitti zitti,
                             aprirono
                             aprivano
l'appartamento
scelto apposta
per apparire
ancora
e sempre
più uniti,
finché ancora
si daranno appuntamento
                            vicino
                            vicini
al ponte sottovento.

SULLA TERRA ARATA.

Il silenzio trema
sopra la zolla di fango
sconosciuta,
sperduta nella plaga
del terreno arato;
respira d'illecito
nell'incerta luce
di un attimo
e supera brevi ombre
strisciando con segni
di piaga,
la martoriata
schiena
della terra
indifesa.

martedì 16 giugno 2015

IL LETTO DI ADAMO.

C'è un bel posto al calduccio
là dove
il sole non delude mai:
l'avventura del sogno
incomincia.
I colori,
filtrati dal silenzio,
danno le belle mele bugiarde
degli alberi ingannatori.
Nel prato abitato
dalle farfalle scapigliate,
cresce lo zucchero delle formiche
e l'erba, gonfiandosi
del piacere del sole,
si distende uniforme
sopra il letto di Adamo.

IL VIAGGIO.

A qualcuno
piace il viaggio,
la consolazione
di un dialetto familiare
e certe cose inutili
che fanno tanto bene
al cuore.
Qualcuno,
con poche scarpe ai piedi,
fa un sacco di strada
che al plurale
diventano chilometri.
Qualcuno
scopre il tesoro
delle albe
lontane dai tramonti
e sfugge al luogo dell'arrivo,
perché va sempre avanti.

LA PISCIA.

Quello lì,
coi ricami,
non cerca più la biscia.
La sa lunga,
lui,
della striscia,
ma ne vuole sempre
un pò di troppo.
Quello lì,
con tante donne
pronte in tavola,
finisce ancora
a letto
con la piscia.

lunedì 15 giugno 2015

LA BUONA OSPITALITA'.

Lei mi dice:
"Ma che pasticci,
che razza di ossi
mi sbandieri
al posto della carne
della giovinezza?"
Il fatto reale
mi sfugge,
ma non lo cerco:
sono troppo armato,
atipico,
insomma un proiettile vagante
tra le case
di chi vive disarmato.
"Mi fai entrare
in questo sito
ingombro dei tre piani
della casa?"
Se lei propone,
alla fine finisco
per rispondere:
"Oh, sì!
Non sono finito
in questo bocciolo di strada
per raccontarti
di tanti pellegrinaggi
a scopo di questua!"
E lei,
destra di sguardo
e chiocciante di lingua:
"A chi mai,
alla buon'ora
chieder consiglio ed ospizio
se non alla  tua
disarmante faccia furibonda?"
Lei mi induce alla pace,
all'amore, al dovere,
così sciolgo il lucchetto di ferraglia
e le apro, titubante,
la mia solida conchiglia.

UN'ALTRA BIRRA,PER FAVORE.

Gli faccio una richiesta
che sembra più un sorpasso;
"Senta..."
Il pollice, indelicato,
si precisa nel timore.
Nel tempo, qualche volta
si vuota un intervallo.
Reclamo una bugia,
ma temo le delizie della gente.
"Mi ascolti..."
Niente, niente più di mezzo giorno
all'ora del denaro,
l'eterno feminino di una fetta di porchetta
infilata in un panino.
Dal pollice, tutta la mano
si precisa nel sapore:
"Mi dica..."
" Un'altra birra, per favore."

IL CANE CHE IO CONOSCO.

Il cane
che io conosco,
ha la bocca
piena di denti.
Prossimi alla bocca
sporgono peli
baffuti
e mordaci
esplosioni.
Il cane
che io conosco,
abbaia.
Contro il vento,
contro ogni presenza,
veglia la pace
e la rompe zelante.
Per quel che si può dire,
fa la guardia
contro ogni passante.

SALIVAZIONE.

Se ti provassi a immaginare
un triplo bacio sul collo,
che fuoco verresti a sentire
sulla schiena eccitata?
Tu pensi di esser perduta
mancando di un valido tappo maschile...
Sciogli le onde
dei biondi capelli
e lasci cadere per terra
ogni drappo...
Se ti facessi leccare
un orecchio da una lingua
bagnata d'aceto,
che sapore potresti sentire
all'interno della bocca
eccitata?

LA SBORNIA.

Né il primo,
né l'ultimo;
catino bacinella
colma d'aceto,
colma d'olio,
colma di quelle foglie
che sanno un odore di fiume...
Chi lo sa?
Chi lo può dire?
Chi andrà ad aprire?
Il primo si squaglia:
per forza, è un apprendista.
Quegli altri,
che massa di boria,
che mucchio di merda,
che lagna!
L'ultimo
si vuota la cesta,
si mangia la casa,
si prende la sbornia.

sabato 13 giugno 2015

LE MIE CAREZZE.

"No, ti dico,
lascia stare i fiori!"
Lei sembra sottomessa.
Acconsente con grazia
di bambina
alle mie proteste
di persona saggia.
" Che cosa ne faresti?"
Guardo il prato
e divento geloso di me stesso.
" Sono così tanti!"
( Ho capito, ho capito adesso
dove hai preso
il rosso delle guance...)
" Prendi quelli azzurri e gialli,
che ti indurranno a ricavar
maggior piacere dalle mie carezze..."


LE TRE CONDIZIONI.

Non sono un creatore di novità
e non mi monto la testa
per un incontro gentile,
a meno che
non si verifichino
queste tre condizioni:
1) la ti non deve diventare di
2) la pasticca della mentina
    si deve sciogliere in bocca
3) il Sole non se ne deve mai andare.


I NUOVI SOGNI,

Mi sognavo spesso
un bambolino
disteso sopra un bel piumino
cha faceva la nanna
sul suo lettino.
Però, adesso
mi vien da sognare
cose più semplici,
senza piumini,
né ninne nanne
sopra i lettini.
Esco di casa,
passo in banca,
estraggo un assegno
e lo incasso.

L' ODONTOTECNICO.

Oceano,
oleandro,
odontotecnico.
La poesia si alza
con un gonnellino di petali d'oro,
vola nella luce
di un pomeriggio radioso,
si ferma, dolente ad un dente,
davanti allo studio affollato
di un odontotecnico diplomato.

IL VENTO, IL MARE E I MONTI.

C'è molta tolleranza
fra il vento e il mare.
Nel mare c'è più vento
perché è più grande.
Gli alberi, col vento,
imitano le onde.
L'unica speranza
per il mare
di fermare il vento
è la terra.
La terra, invece,
ha le montagne
per fermare il vento.
Le montagne, spesso,
sono così alte
che gli alberi
non riescono a salirci
e il vento, spesso,
ci fà delle onde
con la neve.

PIOPPI DOMESTICI.

La luce della natura
scende sui pioppi maestosi
e dona loro riflessi
di un verde tremante e grazioso.
Bisogna però precisare
che i pioppi sono alberi coltivati
in file parallele e ordinate,
che tremano di mansuetudine
dal giorno in cui
sono stati impiantati.

MI VOGLIO PARLARE.

Voglio provare
la terapia del parlare da solo.
Se non servirà come medicina
contro i rigurgiti rabbiosi
del mio sistema simpatico,
sarà utile almeno
come una nuova forma di espressione.
Voglio piantarmi una grana
davanti allo specchio
da non venirne fuori facilmente
senza almeno un occhio nero
ed uno specchio rotto.

venerdì 12 giugno 2015

IL GIORNALISTA CURIOSO.

Dopo aver aspettato
e copiato tanto
da non saper più
come rifornirsi di sapere,
il giornalista va dal pescatore
per rubargli un pò di pesce dalla rete
ancora aggrovigliata.
L'altro gli esibisce senza batter ciglio
l'odore intenso della marea
appena superata
e continua a dipanare la sua rete
lentamente.
Il giornalista, esasperato,
pensa ad una buona zuppa profumata,
ma in verità
non ci capisce mica niente.

IN SOLITUDINE.

In solitudine,
tutto taceva
e si allontanava.
Erano tempi duri,
senza una conclusione.
Non era vizio
né dolore,
solo una prospettiva
di soddisfazione.
In certi punti
era proprio
una disperazione.
Bisognava pazientare
ed aspettare.

mercoledì 10 giugno 2015

LE PARTI ESTREME.

Vicino ad un luogo
legato ad una metà del posto,
si svolse una misura
così com'era un'altra
e che non era né troppo,
né troppo poco.
La compattezza minima,
data l'alta resistenza di quella misura,
non arrivò di certo
e nemmeno partì,
eppure il suo stato di conservazione
si mantenne pieno di evidenti segni
di approfondimento.
Dati quei livelli di esecuzione,
arrivò a staccarsi
una delle parti importanti
e cadde sfumata,
sbiadendosi nell'abbandono.

Si presentò da allora
e per sempre,
non per supposizione,
né per conclusione,
nei pressi del luogo
che si trovava affiancato
ad una quantità di coefficenti.
Solidarmente,
le parti estreme
unirono i vari estremi
formando nuovi aggiunti,
più che una sequela di congetture
e meno di una ipotesi di risultanze.

LE ORE ABBONDANTI.

Le ore abbondanti
viaggiano ad una velocità folle
e folle è anche il loro apparato di guida.
Precipitano,
muovendosi come stelle nello spazio
e nello spazio lasciano scie bianche
a forma di comete.
Le ore abbondanti
non fanno particolari effetti apparenti,
ma sono piuttosto
una preparazione
agli effetti
dei volumi
e delle masse.

DIVENTERO' POLLO TRA I MIEI POLLI.

Smarrite le tracce
della conoscenza,
guardo chi mi guarda,
ma non mi lascio fissare a lungo.
Rimango un pungolo nella matassa
delle presenze.
Se non rintraccerò
almeno un segno
della mia esistenza,
diventerò pollo tra i miei polli.

martedì 9 giugno 2015

UNA PORTA APERTA NELLA NOTTE.

Che venga pure avanti
il giorno!
Non ci sono solo
galli impazienti ad attenderlo!
Gli innumerevoli attrezzi
che verranno usati
sin dalle prime luci,
sono già pronti,
custoditi contro le intemperie
della notte e dei suoi umori corrosivi.
Che venga pure avanti
la luce!
Verrà accolta
dai latrati dei cani
e dal dolce profumo del caffè,
prima ancora
del sorgere del sole.
La luce si farà strada
come se scalasse il cielo
e poi resterà ferma
a proteggere l'arte
dei muratori,
che costruiscono case
per poi abbandonarle agli imbianchini,
che dipingono le case
per lasciarle ai falegnami,
che le chiudono
per proteggerle dalla pioggia
e ne danno le chiavi ai proprietari,
che le usano
per illuminare la sera
e per dimenticare
quello che la notte rappresenta
e che una porta aperta
può lasciar entrare.

IL GIOVANE BELLIMBUSTO.

Per por fine
alla nozione ossessiva del suo tempo,
il giovane viaggiava
arrancando con due valigie sulla schiena.
Cercava,
tra specchi luminosi,
la bellezza nella forma pura,
ma doveva accontentarsi di riflessi
e la schiena gli doleva.
Il giovane,
per non affaticarsi troppo,
si fece bellimbusto
e degli specchi si servì
per darsi un bell'aspetto.

LA MOSTRA DEGLI SCARTAFACCI.

L'arrivo è puntuale,
generale, motorizzato.
Quando la smetteranno
i parcheggi,
di vanificarsi?
Da quando si dice
che bisogna aspettare,
a quando si accede
alla mostra degli scartafacci,
la strada è breve.
Accompagnati
dalla complicità
della convivenza regionale,
non uno,
ma cento amici
si alternano
nel labirinto
delle sale quadrangolari,
dall'una all'altra parte della giornata.
Buona giornata!
Archetti di parole
in cambio di compiacenti sintonie.
Ad ogni angolo di sala,
un commento.
Per forza di cose,
il tempo,
che si potrebbe definire
una melodia,
arretra,
muso contro muso,
nei locali intimi della mostra,
aperta agli ospiti paganti,
che si sono fatti avanti.

lunedì 8 giugno 2015

NON E' POSSIBILE.

Non è possibile
infierire troppo a lungo
negli agguati tra cespugli,
quando su vecchie mulattiere
muraglioni sfoggiano
panorami d'oro zecchino
e i viandanti,
stanchi di esser soli,
si cercano continuamente
l'uno appresso all'altro,
incontrandosi tra le rovine
di vecchie chiese decadute.
Non è possibile
nascondere per troppo tempo
alle donne
il labbro adunco del sesso,
senza goderne
e poi chiamare aiuto alla ragione
per poterne uscire
e non lasciare
nessun sottinteso
dietro ai sempre più frequenti
misteri,
sebbene talvolta siano solo
coincidenze.
Non è possibile
strisciare lungo i muri
di case inesplorate
sperando di trovarle intatte
e popolate dai pettirossi,
quando il cuore,
esso solo,
vibra impercettibilmente
ai piaceri dell'oscurità.
Né perdere
con un colpo secco
sogni principeschi
dopo la delusione
di una traccia cancellata,
impossibile
da ritrovare.
 

UNO SPUTO NELLA NEBBIA.

Il timbro,
il posto,
il piglio risoluto,
il taglio a colpo secco,
la carta bianca intestata,
la poltrona ad uso schiena,
la scrivania belligerante,
la mano destra educata alla quietanza.
Uno
      spuntino d'anatra affogata,
uno
      scatto meccanico all'ingresso,
uno
      scatto violento di stampati tra i cassetti,
uno
      sputo finale, più tardi, nella nebbia.

IL SONNO ARRETRATO.

Avanti,
in rettilineo come piace,
si presenta col nome una ragazza,
come si dice...
Avanti, ma dài, senza prurito...
Un vestitino nuovo
e germoglia il termine
specifico della speranza.
Avanti,
la gioventù vince,
risalendo con forza;
quello che scende
da un'altra regione
si sposa con una ragazza rinunciataria,
decisa a lasciare per sempre
ogni illusione sull'uso del rossetto.
Indietro,
resta soltanto
un mucchio di sonno arretrato.

IL VERSO DELLA DONNA.

La serata accenna effetti storici:
un urlo sgraziato nel bosco,
un flusso di sorrisi sul prato,
un gorgoglio finale nel fosso.
La luce, splendida,
resta fissata sulla mezzanotte,
finché non esce un amico
dall'ombra di ogni sasso.
La serata, anche adesso,
scivola nel fondo della storia:
ancora una volta,
la civetta canta,
imitando il verso della donna.

sabato 6 giugno 2015

I PISELLI IN SCATOLA.

La luce dei piselli,
entrata dopo un'astinenza forzata
nei vasetti dei produttori,
splende di rivelazioni e di promesse,
vasetto  dopo vasetto.
La conoscenza dei piselli
arriva all'osso dell'economia.
Bisognerebbe fare una consulenza
per controllarne il numero,
invitare i chimici
a controllare le partite,
inanellare a mezz'asta
chi ci mette del bromuro:
un boia, senz'altro.
Molto ricco, tuttavia.

SEMBRA FACILE.

Sembra facile ammirare
l'atto sinuoso del serpente
che cade dall'altezza delle braccia
nel rifiuto totale
ad impegnarsi in prestazioni verticali
sulla gonna appiccicosa dell'erba.
Sembra facile anche
cambiare direzione
dalla scia del serpente,
che indirizza tutta la sua attenzione
per nutrire ogni figlio
come un primogenito.
Sembra facile conoscersi,
toccandosi le mani,
nella frenetica incertezza
dei desideri di chi, debole,
rigira la speranza goccia a goccia,
inutilmente.
Sembra facile divertirsi,
sebbene compatiti dal sussiego
di un rapido sorriso
e allarmarsi, magari spostandosi di lato,
alla vista di un serpente
a guardia di una cassaforte
acquistata da un'assicurazione
che mica si è fatta da sola,
anche se adesso
sembra così facile
che sia tanto attiva...
Semra facile adoperare ogni mezzo
per ingraziarsi alle furbesche relazioni
tra conoscente e amico,
tra giovane passeggera di viadotto
e ponte teso sull'abisso,
ignorando,
o comunque superando,
le deprimenti esigenze del comportamento.
Anche se non sembra facile,
è facile lo stesso
usare bastoni a cavalcioni,
valvole marine su muretti di perline,
mazzetti di chiavi su muri senza porte.
I serpenti, dal lampadari,
pendolano a ciondoloni.
Sembra facile
imparare a dormire
senza l'uso di lenzuolo alcuno,
sembra inutile
sapere che le cose che sembrano facili
diventano milioni di difficili,
se non vengono espresse
sotto forma di istruzioni.
Sembra facile
che flussi di serpenti
vengano annunciati al mondo
con rintocchi su tamburi
e che poi vengano inseguiti dai cacciatori
trasformati, in un secondo tempo,
in fantasiosi incantatori.

PAROLE MORBIDE PER LUI.

Il portiere gli dà la mano...
Al centro emerge un termometro...
Solitamente il palo espandeva luce!
Invece un contrario, in penombra,
contrae un'amicizia granulare.
Il suo genio supera l'ipotesi avvalorante...
ma... e la schiuma dei bicchieri ribollenti?
All'appuntamento con Maurizio
si presenta come un fulmine.
La sua energica stretta di mano
scende alla caviglia.
Fratello che non si dimentica...
Chi lo ha visto, ha un ricordo vistoso.
Ha sposato una ballerina studentessa
in forma di maschera carnevalesca.
La pelle di Maurizio, piano piano sbianca...
Un fidanzamento di belle copie ancora insieme...
Certe carogne, neanche tra le sbarre...
Per lui parole morbide come cosce,
scarpe strette e camice incravattate.
Luce forte, tra la finestra e il muro.

UN SABATO ROCK.

Presto,
un brivido nero affetta la sera,
scolmando la punta principale
dall'orlo superiore
del city-bang.
Veloce,
un rockymontaggio qualsiasi
si prende tutta la licenza che vuole
e finisce di peso
travolto da un acuto di tromba.
E' lo stesso;
ben presto
tutti rinunciano al letto
e restano in piedi;
tanto è inutile,
sono troppo veloci per dormire;
se non prima,
almeno adesso
gli amici del negro
furoreggiano
un sabato rock.

LA NOSTALGIA NOTTURNA.

Alla data
che c'era una schermatura sinistra,
giunse un così grosso convoglio
che tutti i mezzi non bastavano
per contenerlo.
E così bisognò rinunciare alla consegna.
Allora,
mentre si faceva lo spuntino
a mezzogiorno,
la fiacca delle ore di lavoro
esercitò una nostalgia notturna,
che si trasformò
in immediato riposo.

AI LATI DELLA STRADA.

Ai lati della strada,
per tutta la strada,
problemi impossibili di curve...
equilibrio di terra mista ad acqua
e di fine in fine,
per tanto tempo,
tutto il tempo
di programmare un viaggio.
Scoperto dalle vedette superiori,
esce cielo,
essenza di lievito primitivo
e cade fino a terra, abbagliante.
Tutto accaparra,
dall'inizio a forma di mela
a quello che,
sospeso, vola, oppure sfugge...
Esce ancora il cielo,
cerca strada e la trova...
La trama del tessuto generale
annuncia novità,
poi si fissa
sulla possibilità di tante formule di viaggio.
Ad un tempo,
chi decide, scieglie e parte.
Viaggia deciso,
sfiora un passante,
supera il limite delle curve
e sprofonda nel fosso,
ai lati della strada.

OGNI NUOVO GIORNO.

Ogni giorno,
un nuovo guadagno.
Anche oggi
il negozio
pieno di coltelli,
le sorprese
elargite a piene mani,
ma anche
chiavi nelle buste
e la dimostrazione
che ogni giorno
non ne ha
un altro uguale.

IN MEMORIA DEI TUOI DUELLI.

Chiuso
(e la scatola che ti contiene
è solo una promessa),
ammetto finalmente
la soddiasfazione della prigionia.
Perduto,
ormai sazio
di compiacenti bisogni,
sono pronto
alle rinunce dell'ignoranza.
Possiedi l'arma sicura della mestizia
e ne fai un motivo di orgoglio.
(Il campo dei tuoi duelli
lo conosci da sempre, ti ricordi?)

venerdì 5 giugno 2015

IL FLUSSO INVADENTE DEI MIEI SOGNI.

Anche oggi
sono scese le solite pantere bianche
e si sono messe in disparte
esercitando distrattamente la caccia.
Non lasciatemi solo
coi loro organi veloci,
non lasciatele avvicinare
alla fisarmonica del mio corpo!
Anche oggi
ho visto un gregge di pecore rosse
incrociarsi sotto le gambe nude degli alberi.
Tutta la notte
ho dovuto mantenere accesa una candela
e custodirne la luce
contro il soffio predone degli orsi graduati,
dei draghi affamati,
delle scimmie suonatrici di trombe,
solo nella giungla dei caminetti,
solo in posizione sportiva,
travolto dal ritmo dei miei martelli,
deciso a non cedere
alle offerte dei corvi
che si libravano infidi nell'aria.
Anche oggi
ho offerto la mia povertà
alla terra compatta dell'orto
affollato di piantine assetate di pioggia.
Non lasciatemi
andare ancora una volta
dietro la scia della curiosità generale!
Il carico poderoso dell'aria
mi nasconde alla vista delle api guerriere,
pertanto non mi lascerò facilmente indurre
a terminare in questo giorno
il flusso invadente dei miei sogni!

IN BERLINA, DIETRO UNA RETE, UN CANE INNOCENTE.

Quando mai potranno trovar sfogo
gli schricchiolii dei tronchi
appoggiati sulle schiene dei boscaioli?
Quando mai pochi secondi
saranno sufficienti per garantire
trilli mattutini,
superiori alle interpretazioni raffinate
dei pianoforti, generosi con gli esecutori?
( Gli indumenti degli agricoltori
andranno controllati con cura:
se non risulteranno sporchi di fango,
se ne dovrà dubitare.)
C'è ancora un modo per far risultare un contadino
più di un pioniere:
riesumare la sua vita con cura,
ammirarne l'aspetto,sfrondarne la chioma...
Quando mai
le tracce svaniranno sotto le foglie
inghiottite dal passaggio del tempo.
se l'acqua, gli addetti, le formiche,
costruiranno su di loro città di radici
con lo scopo di proteggere la loro forma
iniziale?
(La procedura si fa interessante,
i risultati arrivano persino al plurale,
la noia non riesce a vincere
nemmeno una delle quattro stagioni...)
Il sistema organico di formulare
i sogni, vizia anche i fiori,
che si ammassano essi stessi
in forma di pittura,
o meglio come un cielo agghindato
prima di un'occasione di festa.
Quando mai
animati soffi d'aria
smuoveranno rupi
più di soldati armati di cannoni?
E la pioggia, si crede forse innocente?
Quando mai
fuggirà come assorbita dall'angoscia
l'ultima possibilità di svago
di fronte alla vedovanza della notte?
(In berlina, dietro una rete,
è chiuso in trappola
un cane innocente.)










LE BUONE MANIERE.

Accanito,
accanito fraseggio di uomini e di donne.
Era un posto che si popolava solo di sera
e si presentava, limpida,
una signorina ad ogni lato della strada.
Era anche l'ora solita
per le mostre e per le contrattazioni.
I campanelli per la raccolta delle signorine
suonavano ad ogni ora.
Accanito,
accanito era anche il passaggio
dalla volgarità dei commenti
alle adulazioni gentili.
Era anche questo
un modo per rendere tangibile
l'educazione
e per dare risalto
alle buone maniere.

SVENTOLA UNA BANDIERA A FORMA DI LUNA.

Un'incipiente oscurità
dà brividi che si avvitano
verso opposti stupori,
addolciti dalle luci rosse
del tramonto.
La conclusione del giorno...
il sortilegio della natura...
il vento urbano della sera...
Sventola una bandiera
a forma di luna,
appare una sagoma
di bilancia sospesa...
Fianco a fianco.
ali contro ali,
senza esitazioni,
volano forme certe
di gabbiani.

giovedì 4 giugno 2015

LA DONNA DI FESSURA.

La donna di fessura
si distende sopra il letto
e allarga le gambe
per accogliere  il fuoco
del membro virile.
Il duro la attrae,
lei sollecita forza
per farsi calpestare,
miagola d'amore.
La donna di fessura
è la donna di ogni tempo.
Sempre inarcata
nella passione
della tentazione estrema,
non potrà mai
andare in pensione.

LA SOSTA DEL CAVALIERE ARDENTE.

Immerso nel cuore della pianura albanese,
il cavaliere ardente
si infossa nella voragine senz'acqua
e senza fuoco del bivacco forzato.
Il cavaliere ardente si sazia
di focaccia inzuppata nel vino,
fissa lo sguardo lontano
con la tecnica del lungometraggio,
caratteristica dei viaggiatori lungoviaggianti.
Nell'umile ospitalità della campagna,
il cavaliere sfoga la puzza dei suoi piedi
liberando il terreno tutto intorno
da ogni forma vivente.
Da l'utilità che ne ricava,
trae il riposo necessario
ad una continuazione del viaggio
nell'assolata pianura albanese.

LA FEDE.

La fede
è una cosa
troppo grande,
per chiuderla
dentro
una religione.

PER FISSARE UN PUNTO INCORAGGIANTE.

Per fissare
un punto incoraggiante,
è necessaria un'alberatura spaziosa,
il vento in poppa
e una stiva  ben fornita
per ogni circostanza.
La farina
è figlia della fame.
La corrente
la trascina.
Nello sfondo,
un paesaggio incoraggiante,
a tutto tondo.

SOLO STUPORE E FOLLI PARVENZE.

Chi pulirà mai
le superfici macchiate
dai raggi obliqui del sole?
Speranze si plasmano a forma di nodo...
Forse uscirà la molla,
trattenuta sotto la scorza successiva,
probabilmente domani...
di certo sempre e magari ancora.
C'è chi trattiene le proprie frasi
come vere e vissute:
giochi eleganti...
insomma,
velocità!
Un artista vuole sapere
e vibra, fino alla maturità.
Avviene l'occultismo...
per far durare la notte per sempre;
qualcuno ruba la luna.
Il ladro che la nasconde,
fugge tra le stelle.
Può capitare
più spesso,
di ritrovarsi tra le rocce.
Perfetto!
Certamente un cocchio
non è luminescente...
E allora,
chi sarà mai l'addetto alle luci?
La risposta è:
il lanciatore di coltelli!
Le stelle sono caramelle,
le idee solo spaghetti...
Stupore...
Nell'acqua,
malignano i pesci.
E' ancora la notte.
Può capitare
un lungo silenzio.
La crisi della sopravvivenza
induce i sarti
a tessere fili di seta.
Comincia la poesia.
Sono cose da poco.
Solo stupore
e folli parvenze.

KO MICIDIALE.

Scosso da un uppercut amoroso,
finalizzo i miei appetiti sessuali
in un groviglio di reazioni
su quadri di pelle scoperta.
Parto dalla curvatura del collo
per affondare i miei desideri foschi
nel reale mondo dei sensi
e vigilo, chiudendo la guardia,
affinché mi giungano a portata di mano
abbondanti porzioni di pelle.
L'arbitro delle mie lotte
è l'amore,
l'incontro è un contrasto di sensazioni
che, più di una droga,
mi carica
e mi conduce ad un ko micidiale.

L' IMPUGNATURA AL POSTO GIUSTO.

Avevi l'impugnatura al posto giusto.
Ti ho sposato per questo.
Ho costruito molte eccezioni
su di te,
usando ogni precauzione.
Attraverso dispute colossali,
ne abbiamo ricavato delle provvigioni.
Usavamo il sonno come una minaccia,
ma arrivavamo alla fine
col prometterci doni.
La nostra convivenza
è diventata un vasto pascolo verde,
vario nella temperatura
e nelle stagioni.
Quando ti ammonivo,
l'acqua usciva più fresca dalla fontana.
Quando mi accarezzavi,
il cibo acquistava un sapore più genuino.
Non abbiamo mai cercato
di darci delle dimostrazioni particolari,
ma tuttavia, col passare degli anni,
abbiamo acquisito la stessa battuta
nel passo.
Senza mai cancellare nulla all'oblio,
ci scambiavamo sogni premonitori.
L'affare che abbiamo firmato
si sta dimostrando serio
e ben determinato.
Quando lo spirito, oppure il braccio,
mi reca dolore,
ti glorifico
e ti chiamo amore.

mercoledì 3 giugno 2015

QUELLA FORESTA.

Quella foresta non si deve toccare.
Noi,
che abbiamo la punta del naso fredda
a causa di mille disavventure,
noi,
abbiamo imparato dagli alberi di quella foresta
a non temere il vento invernale,
noi
siamo insieme in un solo, lungo abbraccio
dolente, per tutta la stagione del freddo
e resistiamo,
perché abbiamo imparato a resistere
e tolleriamo le minacce,
perché gli alberi non hanno paura.
Sappiamo restare insieme,
perché conosciamo le soddisfazioni
che ci porterà ogni nuova primavera
e poi ancora perché,
alla fine della lunga attesa,
usciremo dall'ombra dura dell'inverno
tremando ancora, ma di piacere.
Come la pelle di un corpo caldo,
come la carta dei biglietti d'amore,
come il saluto di una mano amica,
quella gran massa scura
sta parlando di vita, di forza, di bellezza.
Quella foresta ci insegna a vivere.
Quella foresta non si deve toccare.


L'AMORE E' FORZA PURA.

L'amore è remissione del male;
è anche l'impulso vitale.
La forza dell'amore
nasce dall'energia
sprigionata dal dolore.
La donna,
dopo lunghe battaglie
combattute da sola,
priva della sua stessa ombra
succhiata dall'attraente compagno,
riposa nel letto della resistenza.
Né uomini bianchi dalle labbra rosse,
né il sacrificio dei genitori gelosi:
l'amore è forza pura.

LA CAMICIA BIANCA.

La camicia bianca,
mossa dal soffietto dell'ombra,
dà un fruscio di violino nella nebbia.
Custodita con cura,
profuma di foglie palustri.
Nel cassetto,
esala l'aroma delizioso dell'alga.
Fa un pò caldo,
all'ora di cena.
La camicia si apre...
Esce passione dalle maniche,
gelosia dai bottoni,
indolenza dal colletto.
Stasera si spende, si balla...
La camicia bianca
vuole arrivare al colore:
per farlo, si veste di donna;
insomma,
si riempie d'amore.
E' inevitabile:
appena è mattino,
un uovo la sporca.
La camicia
si deve lavare.

BIANCO SU BIANCO.

Potrebbe continuare
senza mai finire,
l'azione diretta
dei disegni da dilettanti
sopra fogli
impassibili e bianchi.
Sarebbe il metodo della traccia
impassibile e bianca,
elargita col sistema del segno,
che poi non è che una figurina graziosa,
imitata alla buona.
Potrebbe spuntare
una mano guantata
e farsi maestra
di forme e di inganni:
sarebbe soltanto un disegno inchiodato
nel centro del foglio.
E' sempre
lo stesso organismo maturo,
sempre
dotato di occulto e di gesso,
è sempre
lo stesso colore,
acceso dal bianco splendore del foglio...