giovedì 31 marzo 2016

CONTRO LA LUCE, GRONDO DI SUDORE.

Contro il grido feriale del grillo,
contro l'apatia del tramonto serotino,
mi levo le mutande salate.
Ebbene, sì,
io sono uno di quelli che sudano!
Sono contro le luci vespertine troppo accese
e i vetri troppo luminosi.
Preferisco le lunghe onde dei capelli
che solo agosto sa formare
e le ceste di vimini piene di profumo.
Senza mutande e con l'orgoglio teso,
mi scaglio come un idiota
imparentato col sole
verso il cancello verniciato dalla luce.
Contro il groviglio delle siepi,
oppongo le mie spalle
grondanti di sudore.
Tra le siepi non c'è nessun rifugio:
troppe spine, troppi funghi velenosi...
Contro tutte le siepi
manomesse dai topi tessitori,
oppongo la mia persuasione sincera,
confortato dalla presenza fedele
delle rondini casalinghe...
che siano loro
a rendermi irrequieto il riposo?...
Senza l'ausilio delle mutande
per la mia più intima nudità,
senza più voce per abbaiare,
mi allungo come un cane sintetico
sopra l'erba imparentata con la sabbia
e continuo a sudare.

PRESTO, A LETTO!

Presto, presto,
la luce si avvia in un cielo  sempre più lontano...
Presto, a fuggire
nel rifugio ospitale
contro la tambureggiante notte estiva
che non è certo inospitale,
ma conserva e contiene
i brividi umidi della passata stagione!
Presto,
a tessersi il pulloverino magico della coperta!
Presto, per Giove
e per tutti gli altari travolti dalle tempeste!
Presto, per tutte le varie occasioni
portate dalla speranza di poter riposare!
Presto, nel letto inaccessibile
alle ombre del cielo e ai lamenti
delle moltitudini insonni!
Presto, a tirare il campanello della buonanotte
al centro del letto!

mercoledì 30 marzo 2016

CI VUOLE IL GIORNALE.

Il sale si sbrodola nel mare,
la luce succhia la nebbia
e la vuole più alta,
la gemma splende perché è suo dovere;
Sono incantato
dalla comune certezza...
La foglia ama i suoi genitori;
la mano accarezza, picchia,
si nasconde in agguato;
la collana, consolazione della vecchiaia,
è ambita per il segno che lascia.
Ognuno luccica,
durante ogni penetrazione giornaliera.
Le ultime notizie
affermano, con varie finalità,
che il Paradiso non esiste.
Ci vuole il giornale,
per fare un controllo.

ANTONFULMINE SE NE VA.

Che lei pensi
o che lo faccia
con l'orlo rovesciato,
non è poi tanto diverso...
Che ne venga del male?
E chi lo sa!
Ma svelto, svelto,
succede che si snerva
dall'inizio alla fine.
Cavalloni di marca delicata
fanno in fretta
un bijou in camioncino.
Un giretto di sbieco,
scarpe a tutto riposo,
la va là, quel che passa
ritorna puntuale.
Ma che lei glielo dica,
mai!
E' sempre la solita
folata compressa...
Finisce ogni volta
che Antonfulmine se ne va,
per non più ritornare!

martedì 29 marzo 2016

L' APPARENZA COME SOLUZIONE.

Ho una chiusura
che mi stringe il cuore,
ma sono egualmente felice.
Pensieroso, gioviale,
medito la decisione forte
di chi si stacca dalla pigrizia
per affondare nell'apparenza.
Sì, perché non c'è di meglio
che l'istinto
di chiudere per sopraffare
e di aprire
pur di liberarsi.
Ho un lungo ricordo
di ciò che facevo,
prima di vagare,
irrequieto e stanco,
tra i vapori della dissolvenza
per arrivare, adesso
fresco e potenziale,
nella tranquillità
di una comoda città.

E L' UOVO?

Siamo al mare,
ma sembra di essere
dentro un tegame.
Abbiamo una sete,
una sete a la coque!
Ora andiamo sui monti,
sui prati fioriti
all'occhio di bue.
Andiamo per vie traverse,
ma miriamo al sodo.
Che importa
se abbiamo la pelle sottile,
per noi basta una sola camicia!
La strada
ha moltissime curve,
dobbiamo partire;
torneremo, di certo,
non vogliamo
finire in frittata!

lunedì 28 marzo 2016

NON FINGERE.

Non fingere.
Passo dopo passo
ti avvicini anche tu
alle date indicate in rilievo.
Non fingere
di dimenticare l'incerta
cadenza del passo
quando la luce non ti è più
di guida
e tu, inutile
come un invitato senza doni,
cerchi di darti un suono,
un qualsiasi movimento sicuro.
Non fingere
malattie inesistenti
per farti chiamare per nome,
non alterare la voce
al solo scopo di trovar compagnia...
Non fingere un'ansia
che annoia chiunque,
non lasciarti toccare,
non farti scoprire
nel pieno entusiasmo
dei tuoi piaceri segreti!
Domina il chiasso,finché,
saturo ogni tuo giorno di vita,
godrai finalmente
le sorprese del carnevale.
Non fingere
nemmeno allora,
quando tutto sembra più facile
e invece
si imbrattano le risate
col succo delle frittelle,
si barattano le illusioni
con delle barzellette,
si trema,
coraggiosamente allegri
e sfrenatamente numerosi.
Non fingere
neanche quando la solitudine
ti costringerà a ridacchiare
della tua furbizia,
ma rimani paziente,
nel calore della tua temperatura,
finché ne avrai il segno,
ne sentirai l'odore,
ne annuserai il profumo.
Quella cosa
che viene dopo di te
alla fine di ogni carnevale,
ha ormai trovato le tracce
del tuo passato.
Tu non capisci ancora
quando ti potrà servire,
ma certo non è una realtà,
né una finzione.

HO SCELTO IL MIO MAESTRO.

Ho scelto il mio maestro.
E' un petulante schiavista di mezza età,
goffo e irascibile,
dedito più al badile
che alla penna a sfera,
sfacciato e presuntuoso
come un campione sportivo.
Pensate che quando mi incontra
non solo non mi saluta,
ma nemmeno sembra apprezzare
le mie piroette, frutto di lunghi esercizi
fatti al solo scopo di rendergli il cammino
leggero e un po' divertente.
Quando mi accorgo che ancora una volta
non mi ha degnato del minimo sguardo,
allora mi incazzo,
sbaglio un volé
e finisco col culo per terra.

domenica 27 marzo 2016

SICCOME E' DOLCE IL RICORDO DEL TEMPO.

Siccome è dolce
il ricordo del tempo
trascorso nelle occupazioni preferite
(il sogno, la danza a cavallo,
la composizione spiata, la digestione),
siccome un'altra volta
non si ripeteranno più
nello stesso modo
le stesse cose
a causa di molte ragioni
(il caldo, gli spaghetti salati,
le zanzare curiose, il tutto esaurito),
e siccome non si potrà mai
dire niente che non sia già stato detto,
né fare niente che non sia già stato fatto
(il primo discorso sui fitti bloccati, la discussione sulla razza dei pesci,
il terremoto in Australia, la caccia alle rane cantanti),
allora ci dovrà pur essere
un tu fraterno che condivida
muscoli ed ossatura
coprendoli di morbidi panni,
o ancora un severo cultore di libri
che ripeta per sempre
la giusta posizione dei caratteri,
magari nello spazio di un vulcano
appena spento o in un'isola senz'acqua....
Il fiuto di un agricoltore
per ogni ciliegia riprodotta!
Allora, anche attraverso
gli atavici imbrogli del tempo
frammisto alle fiabe
(solo questo o solo codesta?),
anche il più breve mingherlino
si potrebbe sedere tranquillo per terra
(per la lupa sarebbe troppo piccolo,
si dovrebbe accontentare...)
e inframmezzarsi in un prato secolare
coprendolo magari di botteghe,
assumendo stars dallo sguardo languido,
cercando avidamente
la collaborazione di una guida
e poi, chissà!...
forse un'altra supposizione
darebbe vita ad altre speranze
(ma... e i bottoni scuciti?
E le farse dell'imprevisto?
E l'improvviso abbozzo di sorriso
dell'ammalato di tentazione?).

PERCHE'.

Perché la luce ha vinto il suo bagliore,
Perché è interdetto il suo messaggio,
perché la donna parla e dà coraggio,
perché la strada è lunga, buia e poco segnalata,
perché da una pecora se ne fa un manto,
perché d'ora in poi ce la faranno in otto,
perché in fondo l'ora finisce a mezzanotte,
perché il tetto ha una gobba fuori posto,
perché la pioggia viene senza luna,
perché un tale vende del rossetto,
perché ogni tendine serve nelle gare,
perché dal pozzo trasudava il secchio,
perché il tordo si nasconde nel boschetto,
perché ogni anno ha una marca o data,
perché in fondo domani copia un vecchio giorno,
perché, tolti i grilli, l'estate non ha sera.

sabato 26 marzo 2016

DOMANI MI FACCIO UN BAGNO COL SAPONE.

Domani è venerdì.
Allora, io avrò la barba.
Giù, proprio per terra,
il tovagliolo del pasto.
Inverosimile,
abràso dal tempo,
pietra sopra pietra,
sto al al suolo
come un gitano esasperato.
La barba non mi serve
se mi sdraio su di un fianco...
Ho un profumo delizioso,
forse un po' invecchiato...
inoltre sono grande
e impolverato!
Domani me ne vado
a fare un bagno nella sabbia,
oppure, o forse,
me lo faccio con l'acqua
e col sapone.

LE MIE UOVA DI FAGIANO.

Nella mia vita
ho sempre sofferto
scarsità di fagiani.
Ho sempre corso
tra lunghe file di abeti silenziosi,
che alla fine mi lasciavano
deluso e smemorato.
Attraversavo folti raduni di pioppi
guardando sempre in alto,
cercando anche un solo
fagiano solitario,
ma non lo ho mai trovato.
Ho passato intere estati
a cercare uova
che avessero le macchie
zigrinate al punto giusto,
al giusto taglio
di quelle del fagiano,
ma non le ho mai trovate.

venerdì 25 marzo 2016

SERENELLA, LA FONTANELLA.

Esce acqua
dalla tua treccia morbida,
Serenella.
A piccoli balzi
un passerotto ti sorveglia.
Ogni guizzo
è una luce nuova,
che ti rende simile al cristallo.
Non vale il tuo passato uggioso,
non valgono le piogge
fredde e disperate
cadute in giorni vaghi, silenziosi...
Adesso scendi fresca e allegra
sotto un cielo di smeraldo
che ti rende
ancor più bella.

CON TE.

Con te,
dal laghetto intravisto
tra le corna bufaline dei mughi,
scopro un rifugio casalingo.
Faremo dunque tappa
intorno ad un fuoco delizioso.
Accanto al fuoco,
mi stai di fianco
come una virgola,
talvolta mi sostieni
come un'esclamazione,
più spesso mi fermi
come un punto.
Con te
vengo preso da una foga trainante,
allora mi vesto di cuoio
e ti invito a dirmi sempre di sì,
pur di farti felice.
Con te
vagheggio un rotolio di sassi
che andrà bene
per noi due soli.
Mi pare
di farti cadere in amore
per ogni pietra levigata
che calpestiamo insieme.
Siamo liberi
come due compagni
che dicono di sì al sole,
pieni di abbronzature
fino agli scarponi.
Con te
saltello sull'acqua del torrente.
Ho in tasca un fazzoletto cristallino
che ti presto.
Con te
accordo le regole all'ambiente:
sarei dunque un tamburino banditore
di consigli e di richieste...
Con te
mi sporgo dalle cenge
per suggerire gite
programmate in modo
da non finire mai.
Con te
mi trasformo in ometto,
per la tua direzione
mi moltiplico in un branco
di ometti saltellanti.
E' tua
l'idea di entrare nei valloni
come due cantanti.
Improvvisiamo uno show
approfittando della nebbia...
Il silenzio
non è mai troppo esagerato.
In forcella
la musica cambia,
diventa meno solitaria,
si distende nella valle accanto.
Con te
un saluto ai monti
non sarà mai un addio.

giovedì 24 marzo 2016

DA DOVE VIENE L' ARIA?

Da dove viene l'aria?
Un uccello sfrigola di contrappunto.
Nel vaso già da ieri
è diminuita l'acqua.
Il sole ha svolto
un ruolo eccellente,
fornendo l'erba
di un chiarore sfavillante.
La luce muscolosa
sa inchinarsi
all'occhiello della fragola.
L'aria ci sa andare,
non le basta andare diritto,
lei ci sa fare,
non le basta il gioco con il cerchio...
Si fanno certe ore alla bighellona,
nel tempo dell'estate...
Dove ci porta il sole?
Dopo la bella prova di mezzogiorno,
si va a sperimentare
un bagno delizioso,
una bella schiumata nell'acqua,
tanti punti e virgola
seminati in mezzo al prato.
Oltre alla presenza,
rinnoveremo la nostra conoscenza?
In nome di tutti i detti
utilizzati dalla superstizione,
è vera la diceria
che pesci e uccelli
fanno gli stessi giochi d'equilibrio?
Noi, nel mezzo delle capriole,
siamo soltanto un'imitazione.
E' vero che lo spazio
non ci serve a niente?
Per questo,
e per la solita schermaglia
del colore con la luce,
non sappiamo ancora
da dove viene l'aria.

L' EROE DELLE SCONFITTE.

Il significato eroico
della sua incertezza
consisteva nell'assistere placidamente
all'abietta rifluenza  dei ricordi.
L'immagine imprecisa dello specchio
appariva come un miraggio della forma.
Arrivava e scompariva
la sua sagoma riluttante,
compressa in frazioni luminose.
E lui duro, appiedato,
eroico smemorato del passato,
assisteva indifferente
al comico consumo
del suo futuro.

mercoledì 23 marzo 2016

A TAVOLA, PIPPO, FILIPPO E UN SIGNORE MINGHERLINO.

A bicchieri,
a impulsi,
esce grappa dalla tavola.
E' una leccornia giornaliera,
è una fortuna che ce ne sia ad ogni ora!
Pippo
e il compare Filippo
se la fanno tutta;
perché è buona,
perché è liquorosa,
perché sa di menta,
perché ce n'è in abbondanza.
Il dessert dopopranzo
è una serenata alla crema,
ma ha un inghippo:
c'è chi parlotta,
c'è chi vomita,
c'è chi brontola,
il tutto in sintonia
con gli ultimi ritmi rock.
L'ora del cocco
si espande all'inverosimile.
Pare di essere alle Hawaii.
Pippo si lascia andare al braccio
per prendere il bicchiere,
Filippo, dopo il permesso del capotavola,
si volatilizza nel contraccolpo di un rutto
che finirà con due giorni di digiuno.
In effetti, il pranzo
ha avuto un modello:
un essere gentile e mingherlino,
che si è fatto fuori
il tacchino
fino all'ultimo ossicino.

UN RICORDO, MOLTO VECCHIO.

Elaborato,
lo studio dello psicologo
comprende un arco
che va dal cane
alla sua coda.
Un ricordo, molto vecchio,
rende incerto lo schermaglio
riflesso dalla porta socchiusa.
Il ricordo è ubicato
in un posto segreto nello spazio.
Lo psicologo la sa lunga,
ma sta zitto.
Al massimo,
cane permettendo,
se ne va a chiudere la porta.

martedì 22 marzo 2016

ANCH' IO SONO UN ESERCITO.

Anch'io sono un esercito.
Quando mi immergo rapidamente
nel vivo di una battaglia commerciale,
l'elenco delle fatiche
mi si arricchisce di vittorie.
In un certo modo,
parteggio per le combinazioni;
così passo dalla cruenza della lotta collettiva
all'incruenza del riposo solitario.
Non sono meritevole
delle strisce della mia divisa,
ma le trovo utili per le parate
e per difendermi dall'umidità della sera.
Chi mi conosce non mi teme,
chi mi deruba resta deluso,
chi mi rapisce mi riconduce a casa,
chi mi ama mi fa pedinare.
Anch'io lotto, nell'impegno delle ricerche,
per riconquistare il mio dente d'oro!
E sia ben chiaro, non faccio la parte dell'asino
nell'applicazione dei miei piani strategici!
Poi le battaglie coi nervi,
chi mi costringono a rovesciarmi
sulla schiena per un prurito insopportabile,
le lotte contro le mosche
calde di suicida follia
sulla mia pelle impermeabile,
i guizzi serali,
raggio contro raggio,
tra i miei occhi e la luna...
La realtà della vita mi rende combattente
e alla fine ne esco vincente.
Il dolore mi rende alla fine
sgomento e deluso:
attualmente conservo soltanto il ricordo
del mio ruolo di fante.


lunedì 21 marzo 2016

UN GELATO AL COBALTO.

L'estate,
ricca di frutti maturi,
va in doppia fila:
mosca e formica.
L'estate
è un porcocane di zanzare.
L'estate,
ricca di sudore maturo,
affoga le sue zanzare
nell'acqua:
tanto, sono parenti...
L'estate
non è certo un mistero
per chi si gratta il sedere!
La giornata
è una giornata d'estate:
il Presidente è in vacanza,
sua moglie
si è messa le mutande colorate
e il marmocchio
succhia un gelato al cobalto.

domenica 20 marzo 2016

QUELLA STRADA OSTILE AI PASSANTI.

Guardo la cotica leggera
che ti veste,
amica solitaria,
guardo quel manto umido
che ti copre,
amica piatta
e tu guarda me, 
anonimo meticcio
che ti  solletica
coi miei piedi di casalingo...
Amica indorata
dai riflessi del frumento,
zattera vagabonda
ancorata all'erba,
lasciati guidare
dalle mie esperienze astronomiche
verso il faro della luna,
fino alle regioni del sole...
Amica vasta come il cielo,
viaggeremo a lungo
e approderemo al sole di domani.
Mi farai sudare
finché scoprirò l'acqua
e poi riprenderò le mie radici sociali
per avviarmi in quella strada
ostile ai passanti,
che farei bene
a non conoscere mai,
così che solo l'orma dei miei piedi
tu ricorderai.

BADATE AL TEMPO!

E' stata per noi
una sensazione improvvisa.
Sembrava di entrare in un sogno.
Ci siamo accorti di cercare avidamente la terra
ad ogni canto d'uccello.
E lì, distesi,
abbiamo provato l'effetto della forza
di quella sensazione.
Il custode ci aveva avvertiti:
"Badate al tempo!"
Ma noi, noi,
noi eravamo operai orizzontali,
chi ci poteva distrarre?
Fin da lontano,
quando il cielo si è annuvolato,
noi eravamo troppo impegnati
per pensare ad un riparo...
Col primo tuono
è arrivata la pioggia
ed era ormai troppo tardi...

sabato 19 marzo 2016

DIVORZIO.

Erano due,
uno era lui
e una era lei.
Le parole che avevano in bocca
erano insufficienti.
Scottati dopo l'abrasione
delle scintille,
hanno cominciato
a scattare di braccia
come le scimmie.
Dovevano lavarsi
sempre più spesso,
né mai più
si sarebbero pettinati
con l'attenzione
che ne aveva fatto
un gioco comune.
Ricorrevano ai proverbi
per riuscire a parlarsi.
Sono diventati
una coppia divisa,
tra il furore e la noia.
Stanno viaggiando lontano
l'uno dall'altra,
forse per sempre.

CRISTOFORO, L' AVVOCATO E L' APPARENTE.

Apparente,
quello che andava per esempio,
era accompagnato dall'amico
Cristoforo.
Poi arrivava la musica,
anzi, no, l'avvocato,
quello che fischiava
finché restava dietro l'angolo.
Quando parlava,
quello che diceva
sembrava tutto familiare.
La settimana incalzava,
gli amici erano tutti vicini.
Perdiana,
a fine partita
avevano tutti
reciproche qualità!
L'apparenza, era
invano nutrita
dal segretario ermafrodita
del gruppo non amico.
Muscoloso nel lavoro,
conservava tuttavia una dolcezza
che sapeva di fioritura.
Ma in fin dei conti,
c'entrava poco nel racconto...
Cristoforo dava il nome
a tutto il gregge,
anche a chi non lo apprezzava,
anche alla marca dei calzetti
indossati nelle occasioni
di carezzevole conoscenza.
Come saltellava simpatico Cristoforo
nel colore bigio della sera,
ogni sera circondato
dalle amiche vanitose,
ogni volta ricercato
dagli amici affettuosi,
spesso visto come
uno spettacolo di simpatica esibizione!
Bastava un po' di pioggia
per fargli diventare le guance
lisce come uno stivale,
ma Cristoforo lasciava fare.
Di quello che non si sapeva
altro era la perdizione,
altro erano le promesse.
Lui era della compagnia
della carezza:
addolciva certe serate
con parole speciali
e ci aggiungeva pure le allusioni...
L'altro, l'avvocato,
quello dell'angolo,
fuoriusciva sciorinando
una sequela di parole.
Non faceva niente di impreciso,
scalzava soltanto l'innocenza
da ogni frase che diceva.
Ancora adesso,
ad ogni nuova occasione,
sembra che vada in giro
senza dare un peso alla direzione,
ma quel giorno, lo ricordo,
ha detto questo:
"Amici,
non facciamo troppo caso
ai cavalli inesistenti!
Oggi o domani
suoneremo tutti assieme,
senza appuntamento;
oppure...
ma no, ormai è troppo tardi,
siamo costretti a raccogliere
neanche più le ore del  giorno!
Ci penseremo domani...
Se ci resta qualcosa
dopo l'intrusione della notte,
ci faremo tutti un bel ritrovo
di consenso,
della stessa forma
che ha dato valore
a quelle giornate
che avevamo creduto
tante volte così necessarie
e tanto nobili,
fino a spossarci d'irrequietudine.
Siamo stati così spesso
una moltitudine d'illusi,
senza nemmeno sapere
di quali fili eravamo intessuti!
Eppure,
mai una sola volta
a desiderarci singolarmente perfetti!
Amici, come trombe in un concerto,
siamo andati in cerca di un direttore
e abbiamo trovato invece
nuovi strumenti da adoperare.
Siamo anche adesso
un bel gruppo,
che se ci pensiamo bene
non finisce mica facile
che ci leviamo l'un l'altro
gli stivali di dosso!"
L'amico Cristoforo, in fin dei conti,
è un insegnante d'illusioni.
Precede l'apparente e l'avvocato
prima di ogni trovata.
Lui e l'avvocato
guidano le ore consumate
tutti insieme.
Mai che la pioggia li divida!
Essa viene scalzata
in forma impermeabile
e si modifica,
tentando di congiungersi al  sole,
per dare a tutti
guance lisce
come fossero stivali.

NON ABBAIARE, PULCINO!

Non abbaiare,
pulcino ancora senza ali!
La goccia di sangue
che conservi gelosamente
sotto le piume
ti fa abbaiare,
ma ricordati che
sei debole, oppresso
dall'inquietudine del becco fragile!
Non abbaiare,
pulcino ancora senza nome,
appena nato dalle calde penne
di tua madre,
che adesso non ti riconosce
e non ti aiuta,
perché si spaventa,
se ti sente abbaiare.

giovedì 17 marzo 2016

AVANTI CON LA TRASFORMAZIONE!

Avanti con la trasformazione!
Lo sforzo della spinta va sul sasso.
uscito a fatica dalla cava di pietra,
che diventa una lucciola
ammiccante per tutta la sera.
La metamorfosi delle cose
si svolge su tracce di conchiglie.
Poi una maniglia si apre.
Esce qualcuno che non vuole entrare,
entra qualcuno che non vuole uscire,
le marmitte non si trovano facilmente,
ma si applicano dispendiosamente
alle automobili fuggitive
e si fugge in fretta,
bruciando coca-cola.
Avanti, spesso, ma più ancora
il brivido rosato del riposo,
muro contro ventre.
Insieme come turisti,
come bollicine gonfiate
dalle donne puttanesche!
Elle, armate di pettini amazzonici,
domandano specchi panoramici
e ingollano tazzoni di profumo,
da vere ospiti delle discoteche.
Accavallate alla cavallona
cercano rabbrividendo
delle fughe in autoblinde.
Poi minacciano di non muoversi
gratuitamente
e via ancora,
pelo contro seno.
Il successo avviene in colonna,
protagonisti i piloti delle automobili,
i meccanici delle marmitte,
le donne dalle bluse aperte.
La trasformazione si ripete
e incomincia a venire a noia.
Il labirinto è un groviglio di orme.
Spesso non si sa come domandare
nuove modifiche alle composizioni
improvvisate con le scarpette delle amichette.
Pane affettato sul tavolo di vetro,
olio versato sui panini.
La pulizia avviene ombrosamente,
ma poi nuovamente
dilaga la sporcizia.
Avanti con le bottiglie
appositamente sprecate,
fianco a fianco con la tappezzeria della notte!
L'aiuto delle luci è continuo...
Si programma la medicina comune...
Le donne
organizzano ceste per il passeggio,
le riempiono con un po' di tutto
e vociano, acclamando
la compagnia degli scalzi meccanici,
preferiti tutti insieme
ai piloti automobilisti,
ormai addormentati.
Si va modificando
il giorno
nel grande vuoto
che rende tutto eguale.
Sarà ancora
un'altra lunga notte,
un'altra lunga attesa.

ERAVAMO FIGLI DI QUALCHE DIO AFRICANO.

E' stato l'anno
in cui ci si spogliava giovialmente.
La frutta cresceva concentrata,
polpa e succo miscelati
come doni di natura.
Il sole comandava sin dal primo mattino,
quando si tiravano sospiri di brezza e di riposo
e poi alla sera,
quando si respirava con sollievo.
Dev'esser stato quello
l'anno delle nuvole passeggere,
così rapide da non fermarsi mai,
nemmeno per giocare.
Ci si spogliava gaiamente,
intimamente consci
di esser parte di una di una stessa,
grande mano.
Andava crescendo nella mente della gente
l'illusione di esser figli
di qualche dio africano.

mercoledì 16 marzo 2016

IL CANTO DEGLI UCCELLI ALL'ALBA.

Gli uccelli colpiscono il vetro dell'alba.
Gli uccelli, gradatamente, colpiscono il vetro dell'alba.
A gruppi, gli uccelli si svegliano
e picchiano tutti insieme contro il vetro dell'alba.
La masnada chiocciante degli uccelli, appena all'alba,
riesce gradualmente a rompere le scatole a chi sta dormendo.
Il canto degli uccelli all'alba
è in sintonia con le rane peccatrici.
Peccato che gli uccelli all'alba
facciano di tutto per rompere coi loro becchi
forti e vitaminici il vetro dell'alba
e le scatole fragili della gente!
I deliziosi uccelli
sin dall'alba
fanno sfoggio delle proprie qualità canore
e addolciscono virtuosamente gli ombrosi umori
delle notti umane.

NON SI E' REALIZZATO L'INCONTRO.

Non si è realizzato l'incontro.
Un'altra possibilità cancellata.
L'attesa mietuta dall'abbandono.
L'orologio raggirato dalla maschera dell'illusione.
L'ingenuità ancora una volta perdente.
Non per niente la fedeltà è diventata piaga.
La rinuncia è un sordo brontolio.
Tutti i maghi l'avevano previsto.
Troppo tempo scarcassato, senza più valore.
La derisione degli osservatori.
La consolazione del vuoto.
L'ostinazione ottusa di un guardiano cieco.
Il mutismo esasperato del dimenticato.
La torbida sensazione dell'inganno.
Ogni nuova presenza non sarà più la stessa.
Una decisa pennellata finale.
La prossima attesa
non sarà più parallela,
ma perpendicolare.

martedì 15 marzo 2016

IL GALLO, LA GALLINA E LA TAMERICE.

Il gallo e la gallina,
sotto le cime tenere delle tamerici,
si arrotondano,
facendo spiegamento.
Ora le fioriture rosa
delle tamerici in riga
frugano tutto il primo piano.
Il maschio gallo spreme,
simulando il toro,
l'altra finge di studiare
come farsi un nido.
La finestra viene aperta
dal vento incuriosito
e la gallina
vola fuori, sostando
sopra il ramo di una tamerice,
a lei vicino.

LA MIA LINGUA NON DEVE INARIDIRE.

Se potessi darmi
uno sguardo nella bocca,
potrei dirmi
quanto posso bere.
Non mi stanco mai delle parole,
perché ho fede nella lingua
e nelle sue avventure.
Ogni fiume in secco
è un danno potenziale.
La mia lingua
non deve inaridire.
Il mio stile fa un ponte
da una frase all'altra.
Costruisco una cascata
di frasi adulatrici
e mi espongo a certi sguardi teneri,
solo per rendermi propenso
a farmi da barista.

lunedì 14 marzo 2016

MI ADDORMENTO SENZA NEANCHE ANDARE A LETTO.

Accolto dal candore del rettilineo,
vergognoso nell'abbigliamento strapazzato,
miagolante di malinconia
e contento signorsì della cena vitellina,
misuro commenti allo specchio,
biasimandomi,
concentrato nella solitudine.
Solo
e perseguitato dalla foga del silenzio,
esploro le sedie in duplice filare,
considerando le possibilità della contemplazione
imparate al guinzaglio della sapienza.
Sono arrivato...
Finalmente
la stupenda ombra dei miei vizi passeggeri
si trasforma in sonnolenza lunare.
Indossando anche la seconda
delle mie scarpette di vetro,
mi avvicino,
frettoloso più di Cenerentola,
a ridosso del camino,
evidente come un minareto,
nel paesaggio musicale
costruito apposta
per farci un luogo di riposo.
Mi adopero per imbalsamarmi corridore
e mi arresto
finale, fino al centro dello spazio.
Dal mezzo occhio aperto
vedo un semibuio
circondato da un laghetto.
Mi abbandono
con una perfezione solitaria
lungo le sue rive
e mi addormento,
addolcito dall'inganno,
senza neanche andare a letto.

domenica 13 marzo 2016

LA GAMBETTA DEPERITA, MA ASSAI VOLENTEROSA.

La gambetta,
a farne il resoconto,
era striminzita a dismisura,
né per una né per altra ragione;
calma, prudente
e deperita
nell'area integrale
della sua fattura.
La gambetta deperita
rigurgitava le essenze velenose
dalle sedici vene principali,
mosse per l'occasione
verso l'articolazione generale,
ma si dimostrò volenterosa
e ben determinata.
Alla bisogna, prese a collaborare
e proseguì il cammino
con tutto il suo vigore.

NOI COME NESSUNO.

Abbiamo attaccato tutto:
coda, libri,
quarantotto millimetri di spazio,
ad un grosso
blocco mureggiante.
Ci servivamo,
per ondeggiare,
della migliore colomba forestiera.
Noi,
come nessuno
e più di tutti,
trascinati a far da orme
a chi veniva dopo,
senza lasciar niente
da una parte.

sabato 12 marzo 2016

OGNI SORGERE DI SPAZIO.

Ad ogni sorgere di spazio
fa da contraltare il tempo.
In una profusione di minuti
si promuove e poi si chiude, austero,
l'evento singolare
dell'unione della terra con la notte.
Meglio assopirsi
in forma di riposo.
Meglio spaventarsi
per un'ora intera.
Meglio avvitarsi
fino a tramortirsi.
Meglio sognar
storie innaturali.
Correndo sempre nel suo verso,
il tempo sgrana
il corso base del mattino,
fino all'attimo del pranzo.
L'intervallo fa un circolo vizioso,
il pomeriggio passa intorno
all'orologio a muro
e la sera si presenta ancora,
conducendo
un'altra notte in giro.

UN BAGLIORE DI BIANCHERIA.

Un bagliore di biancheria
illumina la notte.
La donna, serra sconfinata,
esce, circondata dalla luna.
Simile ad una penombra bianca,
avanza, stordita dalla fragranza
dei fiori calpestati.
La donna vigila attenta
ad ogni angolo di paradiso
e permette all'uomo
di vegliare il suo sonno,
che sa di primavera.
Chi si accorge
della sua morbidezza
trema d'emozione,
poi cede al piacere della visione
e ascolta il ritmo chiocciante
delle sue labbra,
atte ad ammansire
la ferocia della notte.

venerdì 11 marzo 2016

RESTAVAMO AD UN ISOLATO DA CASA.

Ultimamente
uscivamo di notte,
per collezionare conoscenze strane.
Andavamo a piedi,
illuminati dalla curiosità.
Avremmo voluto toccare tutto
e si finiva per bere.
I colori ci lasciavano spazi
intermedi
e tra di essi
si intravedeva la città.
Passeggiavamo come formiche in fila.
Durava tutto
così poco
che facevamo un biglietto comune,
non per scherzo, ma per risparmiare.
Pareva di andare lontano,
ma si restava
ad un isolato da casa.

NON SI CAPISCE COSA POSSA AVVENIRE.

Chi dice
che appartiene alla notte,
è un solitario
in cerca di avventura.
Chi tace tutto il giorno
e dorme le sue notti serene,
non ha nessuna ambizione.
Chi trema
durante un temporale,
non potrà mai andare in barca.
Se uno si intrattiene a lungo
davanti ad una porta chiusa,
è o diventerà un carabiniere.
C'è una tolleranza relativa
di personaggi nelle prove generali,
ma non si capisce bene
quando sarà mai
la rappresentazione finale.

giovedì 10 marzo 2016

SE LE DONNE STESSERO ZITTE.

Se potessero uscire parole
anche dai seni delle donne,
superbamente allenate all'insonnia,
elle diventerebbero più larghe;
ma se stessero zitte
si trasformerebbero in fantasmi bianchi,
senza nodi né collari.
Alla lunga, ne uscirebbero
perfettamente lisce.
Se le donne costruissero maglioni
senza mai parlare,
finirebbero tutte per soffocare,
ma le parole trovano scampo,
uscendo persino dalle mani
e poi diventando frasi belle e pronte,
tagliate in forma di merletto.
In fondo,  le donne sono utili a tutti
e non tolgono niente
a nessuno.

LE DIFFORMITA'.

L'insuperabile concetto della difformità,
grande seppur diverso,
da ogni scandaglio che ne faccia nome
invita dunque ad ammirare un po' di tutto.
Si tingono, ad una certa ora,
colli all'amarena.
Si chiama tramonto,
ma è un catafascio.
Di quel concetto,
pur apertissimo,
nelle riunioni se ne sbuffano tutti
e si inseriscono nel pieno contesto generale,
poi si dimenticano, come un soffio,
ma certamente
ne rimane buona parte inalterata.
La difformità si rende evidente
anche in un oggettino di legno.
Sopra ci sta seduto
un vecchio ricordo di gioventù.
Più lontano si va alla baracca,
quella dei dodici portici bui
e avanti così fino al fiume.
Ma non è sempre così.
Talvolta ne differisce
anche il ricordo.

mercoledì 9 marzo 2016

IL RONZIO DEL CAMINETTO.

Cuore chiama
e professoressa ascolta.
A scuola insieme,
Irene non viene,
se non piove,
pioverà.
Cresce chioma
e barbiere taglia.
In Perù ci andremo in tanti,
prima o poi si finisce
aldilà tutti quanti.
Facciamo pianino,
mangiamo un panino,
sotto al telone,
giochiamo al pallone.
Se cantiamo,
nascondiamo
il ronzio del caminetto.
Se non ci muoviamo troppo,
non andiamo
giù dal letto.

UN TOCCO DI MODERNO IN PIU'.

E' stato scoperta l'opportunità di reperire,
tra i ciottoli dell'alfabeto,
un'altra miniera di frasi.
Assaporata la gioia dell'ozio,
ricomincia il lavoro:
da una buca profonda,
sorge un castello di frasi.
Si sgretolerò certamente
con la prima pioggia,
ma il terreno si farà più fecondo
e così le parole produrranno
altri pensieri,
con un tocco di moderno in più.

martedì 8 marzo 2016

A DOMANI.

Dalle nuvole strappavento
al capezzale del fumo,
tante cose dimenticate.
Barriera ansiosa,
l'attesa di una femmina
dagli zoccoli ai piedi.
Parole affondate nei ricordi,
eccetera bisbigliati
su marmorei manufatti
disposti in bell'ordine...
L'acquisito sulla linea di confine...
Da una parte e dall'altra
gare di lievità,
muscoli obesi,
ormai fuori
da qualsiasi problema di dieta.
I conti tornano,
con le luce dell'equinozio...
A domani,
con nuovi ricordi.

INCROCI.

Un altro incrocio,
del tutto simile al precedente,
parallelo al successivo...
Allungo disteso il passo
ovattato dalla polvere.
Un elettrico mostriciattolo temporaneo
mi fa un'ombra che resta di dietro.
Appoggio a terra
lo scoiattolo del mio piede.
Allegro,
ma incalzato dall'urgenza,
gioisco, vedendo il segnale stradale,
con il segno lampeggiante
dell'incrocio finale.

lunedì 7 marzo 2016

DICONO COSI'.

" Maneggiami"
dice il cavallo al fantino,
" Visitami"
dice il malato al dottore,
"Spingimi"
dice la porta a chi entra,
" Scansami"
dice il muro al pilota,
"Amami"
dice il pesce al pescatore,
"Scannami"
dice il maiale al padrone,
"Scalami"
dice la montagna a chi sale,
"Nascondimi"
dice il denaro al riccone.

LA VITA DURA.

La vita è tutta una forzatura.
Chi sale troppo in fretta,
poi rotola in pianura.
Qualsiasi gioia finisce nella sporcizia.
Per ritrovarla ancora,
bisogna frugare nella spazzatura.
Il mondo è fatto di fregature:
chi le prende tenere
e chi le prende dure.
Per far bella figura
ci si presenta in frac,
ma poi ci si ritrova nella sozzura.
Alla lunga il tempo tutti ci matura.
Ci si accorge allora
che chi è rimasto indietro
fa la miglior figura.

domenica 6 marzo 2016

UN RETTANGOLO DI TERRA.

Un rettangolo di terra.
Una crescenza di peluria verde.
L'ammirazione si immerge,
anche se c'è un pò di polvere.
Le frasi gorgoglianti del merlo,
tali e tante da non farne commento,
ricevono compassione
e talvolta un pò di comprensione.
Una certezza di vacuità
nelle macchie scure delle siepi...
Il potere del vento
si attenua, sfumato
nella perfezione senza orario
dell'estate...
Appena un'ombra di profumo,
ma sufficiente
per rendere gradevole
un geometrico
rettangolo di terra.

L'INDICE ESPLORATORE.

Un giorno
uscì dal collo un teschio
e si mise a camminare.
Essendo anche scheletro,
zoppicava
e tremava in ogni sua giuntura,
ma battendo il passo
con l'anca sottile,
riusciva egualmente ad andare.
Allora,
il collo si gonfiò
per farsi carne
e fece un dito su misura:
un indice  esploratore.
Così,
trovò compagnia e buonumore.
Per quel giorno
gli bastò la sua nazione.

sabato 5 marzo 2016

UNA SERA.

La luce insegue l'orma
del pulcino.
Spento il giorno,
ora la sera
si immerge nell'ombra.
L'orco,
animale dalle unghie lunghe,
grasso e sporco,
sbava in silenzio.
Un anatroccolo
tenta di imitare il cigno,
ma riesce solo a soffiare.
Sottoterra,
lontano,
batte piano
il corso delle ore.
Il giorno non si spegne,
ma si infila nel suo nido.

NON SONO ANCORA UN LEONE.

Ho un daino
nello spirito
e un uccello
sotto il ventre.
Purtroppo,
ad ogni rumore fuggo,
perseguitato dalla timidezza
e mi ergo,
col verso del gallo,
inseguendo immagini di donne ritrose.
Ritrovo il carattere del bue
conversando bonariamente
al bancone del bar
e riscopro
le doti manesche delle scimmie
grattandomi spesso la schiena.
Non sono ancora un leone,
ma presto potrei diventarlo.

venerdì 4 marzo 2016

E COSI' AVVENNE.

Prima che avvenisse
qualcosa di nuovo,
risuonò con un intollerabile tonfo
il guaìto deluso
di una coppia adamitica.
Si presentarono entrambi insaponati.
E la notte
- Oh, diamante lunatico!-
che non si evolveva
secondo etichetta...
Fortuna volle
che un prurito misericordioso
risolvesse ogni cosa.
E così avvenne.
Si grattarono entrambi
con la forza del desiderio,
finché spuntò l'alba.
In assenza del sole,
non era niente affatto serena:
il sole era invisibile
e serio.

IL TEMPO NON TRADISCE.

Un quadretto, pur dispettoso, non interessa,
se poi si fa solletico
e smalto d'oro luccicante.
Il gargarismo di un uccello,
seccato dalla perdita di un'altra piuma,
gracchia l'ennesima volta
panna di mezzanotte.
Mungitura per tutti
e silenzio...
Un'allegria dovuta alla giovinezza
si alza fino in fondo,
viene martedì, alla fine si spegne,
qui di fronte,
spigolata fin sotto alla linea di una sorgente.
Poi si fa mezzogiorno...
Per godere il piacere di uno sprazzo di sole
non serve né piangere, né saltare di gioia.
Basta aspettare che da terra si alzi qualcosa.
Il tempo non tradisce
nemmeno chi lo maledice.
Nella strettoia della storia
serve poco o niente:
qualche ricordo di capricci,
una zattera per attraversare il mare di giugno,
la dura coscienza della realtà del lavoro,
la necessità della fuga.
Non più la nostalgia dell'adolescenza.
Sotto il velo dell'illusione,
un'altra giornata incomincia a ritroso.
Si fa ancora un anno:
è ancora sporgente.

giovedì 3 marzo 2016

UN PAVONE PRIMORDIALE.

Un pavone primordiale,
imprigionato nel vassoio
a rettangolo di un prato,
cede la sua ala di ferro
dovunque ci siano raggi da trattenere.
Con un solo fiato
il suo becco misterioso
spera ancora di trasformarsi in vento.
Un pavone primordiale non sopporta
la pena di un piccolo ritratto passeggero,
né il terrore di una cattura sanguinosa.
Il breve messaggio
lasciato al riposo della notte
è un'estrema lontananza dal tempo,
verso una siepe abbondante di spine,
allarmante certo.
ma pur sempre accogliente.

mercoledì 2 marzo 2016

TI DARO' UNA ROSA.

Ti darò una rosa,
tanto per darti qualcosa...
Ti darò anche un consiglio,
per andare
oltre le foglie mosce,
che se ne vanno insieme
dalla luce del lume
alle luci del cielo.
Ti  dirò anche una parola,
tanto per dirti qualcosa...
Quello che ti dirò
ti darà una spinta
che ti farà girare...
Ti  soffierò il vento a sinistra,
anche se tu girerai a destra...
Ti insegnerò la geografia,
per farti trovare la strada
per la mia residenza,
dove trascorrerai tutti i giorni
della tua vacanza.

FAMMI SUDARE.

Fammi sudare,
fammi soffrire,
fammi sgobbare,
ma qui con te!
Io ti voglio
persino al mattino,
sei come un panino,
sei meglio di me!
Fatti toccare,
fatti accudire,
fatti abbassare,
ma solo da me!
Se viene la sera
mi fermo un momento,
poi riprendo lo slancio
e torno da te!

martedì 1 marzo 2016

FINALMENTE.

Finalmente
sull'orlo faticoso delle ore,
dopo la manovra pingue
dei tre tempi,
la corsa di tutta la giornata
finisce nel nero corvino
della notte.
Finalmente
il corpo cade nel letto
come una goccia di rugiada
sull'erba tremolante.

LA MINACCIA DI CADERE GIU' DAL LETTO.

Sbuffa tutto,
questo coraggio nudo!
In cresta scoppia un orrendo guaìto,
sull'orlo se ne stampa un altro,
senza fiato, senza sosta.
Parole palazzesche in basso,
non ancora edificate.
Forza cruda d'alfabeto,
slip segreto
nel cassetto.
Albume fatto
con calore d'esplosioni,
strani guizzi innamorati,
esclamazioni ovali,
surreali,
seria minaccia
di cadere giù dal letto.