venerdì 3 luglio 2015

RAMONDA FIGONA.

Al bar,
quello con la televisione alta,
il banco puzza,
per terra si vedono cicche,
ma il caffè è speciale.
Ramonda Figona non permette
a nessuno di ballare
nel suo bar,
consacrato dal mutuo.
Lei gusta il taccheggio dell'esercizio
verso il branco dei consumatori.
Non piange e non ride mai da sola.
Si chiama Ramonda Figona.
Dal torsolo della sua mano
escono promesse di Giuda:
Ramonda al momento
non sogna avventure,
il piede è tranquillo,
il tacco non suona.
Figona ha un nodo al principio
e lo scioglie alla sera.
La chiamano tutti
Ramonda Figona.
Ogni volta
che il dialogo dei suoi clienti
sbocca in effetti di scuola,
il suo ventre diventa duro
come una suola.
E' sbarcata una volta
da un treno d'avorio,
ha giocato subito le sue carte,
spesso finiva in prigione.
Adesso versa vino nei bicchieri,
durante l'estate non dorme mai sola.
Certe mattine di mercato,
o delle volte, dopo l'ora di cena,
i clienti si ammucchiano come lettere.
Come lettere
Ramona li timbra col vino
e li spedisce lontano.
Loro non sanno resistere
alla sapienza della sua mano.
Come piccioni ritornano sempre,
anche da lontano.
Figona esprime la sua gioia
ridendo addosso alla gente.
E' un aereo in decollo,
quando mesce il suo vino.
Ogni volta che qualcuno la guarda
va in picchiata con tutta la bocca,
le mani le muove per fare il mestiere.
La chiamano tutti
Ramonda Figona.
I giochi dei colori,
le pozioni dentro i bicchieri:
macchine per stringere,
per sprigionare il vapore e gli odori.
Le sedie impagliate macchiate di vino,
il conforto dei tavoli coi giornali sgualciti,
le alchimie dei messaggi e delle storie recenti,
i pastelli sulle mani,
il silenzio sconfitto,
uno specchio di dietro,
una marca di birra:
Ramonda Figona
ha tanti bicchieri sul banco.

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