domenica 28 giugno 2015

CI VUOLE UNA SPINTA.

Eppure,
ci vuole una spinta.
Per smarginare ogni immagine,
per superare una collina di conchiglie,
per vagare nella pianura,
per sottostare alle spianate bianche delle lenzuola,
dentro il pollaio delle occasioni,
nei terminali illuminati dai riflettori,
nelle tiepide vasche collegate coi tubi,
cervelli macinati dagli scavatori,
fegati soffocati dai liquori,
gole affumicate dalle Marlboro.
Ci vuole una spinta,
anche per nascere.
Gustare il latte della passione,
leccare le punte della passione,
chiamare la padrona della passione,
per uscire dalla nebbia dell'incoscienza,
per scoprire la perla del proprio nome,
per sbocciare come carne nuova,
più luminosa,
più tenera,
più rosa,
come la notte dei ricordi,
come le lunghe feste tra gli alberi,
come le battaglie dei vecchi soldati,
sotto la nebbia,
sotto la pioggia,
sotto la luce del Sole
e ritornare ancora bambini
e rifare le stesse cose
e studiare l'arguzia del vuoto
e imparare le vecchie parole.
Ci vuole una spinta,
anche per crescere.
Stancarsi di ridere,
stancarsi di dormire,
stancarsi di camminare,
stancarsi di ripetere le stesse cose
e cercare una malandrina ruffiana
e trovare l'angelo del focolare
e costruire una casa
per lavorare con un'attrezzatura,
per guadagnare una posizione,
per pedinare dei figli,
per frugar carte in mezzo alla gente.
Ci vuole una spinta,
anche per invecchiare.
Crescere un pergolato di rose,
cogliere l'uovo della gallina,
baciare ogni stella che cade,
ritrovare il proprio teschio nudo,
come superstiti di un'esistenza,
come campioni senza premi,
come bufali senza recinti,
come cittadini senza nazioni
e sbavarsi addosso vecchi ricordi
e sentire nuovi dolori
e scoprire nuovi piaceri
e ridere ancora per una battuta
e piangere ancora per una battuta
e godere l'attesa di niente,
senza problemi,
senza soluzioni,
senza illusioni.
Ci vuole una spinta,
anche per morire.

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