mercoledì 15 aprile 2015

F I O R I .

                                                              Assieme al fruscio dell'alba.

Assieme al fruscìo dell'alba,
il ballo zingaro
dell'epilobio
sgrana mammelle
color ciclamino
sul petto verde
del prato.
Nella luce lattea
del mattino
non è il solo.
L'ape,
che scoppia di risate rosse.
il rododendro,
che sommerge
con la sua allegria
una platea
di campanule azzurre.
Chi cerca il mistero
deve andare nel bosco;
il giallo ranuncolo
è in cerca di preda.
L'inquietudine delle farfalle
dimostra
come si possa impazzire
con tanta allegria.
Nessuno dubita
che la condotta dell'iperico
abbia una sua logica,
uno sfrenato bisogno
di dolci punture d'insetto...
La lunga solitudine invernale
è finita.
Ogni alba promette
nuove fioriture:
si canta per fare piacere
alle rose,
si piange il lutto dell'aconito,
si ride degli scherzi del giglio,
si dorme
col profumo vinoso del caprifoglio.
Niente
tocca di più il sole
del colore del fiore,
niente
arricchisce di più
la durata del giorno,
nessuna bellezza
è più coraggiosa,
sfrontata,
piccante talvolta,
di un fiore sbocciato,
aperto senza pudore,
pronto ai riti
dell'amore.
                                                                       La prova di Primavera.

Sì, è vero,
la terra si veste
a primavera.
Ha tessuto
la sua lunga tunica
durante l'inverno
col filo bianco
della neve,
ne ha lisciato le pieghe
appoggiandovi sopra
lastre di ghiaccio,
l'ha resa più preziosa
coi ricami
della brina.
Sì, è vero,
a primavera
è il momento di fare
una prova.
E così
la tunica si alza da terra
e si solleva,
fin sui rami
degli alberi:
così i colori si fissano
e ricadono dolcemente
al suolo.
Dall'abbagliante,
rapida prova di primavera
alle lunghe,
violente,
fioriture estive.
                                                           Sono andato ad annusare la mia pianta di caprifoglio.

Con curiosità,
con impazienza,
sono andato
ad annusare
la mia pianta di caprifoglio.
Da solo, senza cappello,
mi sono avvicinato
come uno schiavo
sciolto dal giogo.
Il cielo,
pulito,
mostrava stelle luminose
e splendenti.
Solo io
vedevo le stelle dei fiori,
solo per me
facevano luce.
Avvicinandomi,
mi accorgevo
sempre di più
di non possedere il minimo
barlume di luce.
Seppi così
di essere spettatore
e ladro.
Annusai in silenzio
profumo e luce,
poi allungai le braccia
aprendo le mani,
reso certo
che tutti i miei sogni
vivevano ancora.
                                                                      Viburno.

Palla di neve,
marasma bianco,
mandria di colori
tutti uguali.
Palla di neve,
ortensia selvaggia,
cappotto bianco,
velo di sposa,
fiore dal nome strano,
mongola cavalla
senza stalla,
dal nome senza chiesa,
senza passione,
senza speranza
di illusione.
Palla di neve
per gli abitanti
qui intorno.
A pagina sei
del libro dei fiori,
chiamata viburno.

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